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“Gli scacchi?”

“Sì.”

“Di nuovo?”

“Sì.”

“Ma è tre giorni che ci giochiamo.”

Un rumore come di maracas. Il principe doveva aver scosso la scatola di legno con i pezzi dentro.

“E’ l’unico modo che ho per tenerti buono. Non lamentarti.”

Jungkook sbuffò così forte che Ridge lo sentì benissimo.

Erano passati un po’ di giorni da quando i Dodici avevano fatto ritorno al castello. Molti di loro avevano già lasciato l’infermeria, ma altri erano ancora costretti a starci. Ridge se lo diceva sempre: lì ci sarebbe morto di noia se non fosse stato per il suo vicino di branda.

O meglio.

I suoi vicini di branda.

A quanto pare il principe aveva preso fissa dimora in infermeria. Si presentava all’alba di ogni mattina, restava fino a quando il suo inserviente non veniva a tirarlo via, poi tornava subito nel pomeriggio. Ed era proprio nel pomeriggio che aveva preso l’abitudine di portare quei maledetti scacchi. Lui e Jungkook ci passavano delle ore intere, non mollavano il gioco neanche quando si faceva buio. Era sempre Ridge quello che, acclamato da tutti gli altri, soffiava via le loro candele per poter dormire.

Si supponeva che gli scacchi fossero un gioco tutto di silenzio e strategia, ma non era così. Quei due davano vita a certi siparietti comici che erano la fine. Ridge perdonava loro tutti i pisolini che gli avevano guastato solo perché si divertiva un mondo. Li ascoltava sempre ad occhi chiusi, proprio come in quel momento. Davano il meglio di loro quando pensavano di non essere osservati.

L’uomo si era concesso una sbirciatina veloce: Jungkook indossava la camicia da notte che le infermiere avevano propinato a tutti e si era appoggiato alla testata del letto, il principe sedeva con lui sul materasso. Si erano messi abbastanza vicini da tenere la scacchiera sui polpacci e non battevano ciglio, concentratissimi. 

Un cavallo bianco mangiò un pedone nero. Il principe era tutto gongolante e Jungkook non ne sembrava troppo contento.

“Ridete, ridete. Nella vita reale il cavallo non lo sapete nemmeno fare andar dritto.”

Un pedone nero venne mosso in avanti, un pedone bianco si mangiò anche quello.

“Lo sai che negli scacchi l’obbiettivo è non farsi mangiare, vero?”

“Non se si pianifica di sacrificare i pezzi.”

Tipico di Jungkook. Ridge si lasciò scappare un grugnito divertito.

Rendendosi conto di essersi tradito, l’uomo chiuse subito le palpebre. Taehyung e Jungkook si voltarono verso di lui, ma tornarono al gioco quando lo videro addormentato. Gli sarebbe bastato guardare bene per notare il sorrisetto inciso in quelle guance ispide.

Per un po’ il ciocco leggero degli scacchi fu l’unica conversazione che si sentì, poi il principe protestò.

“Non puoi farlo, rimettilo giù! Il pedone non può mangiare il re!”

“Lo scacco è matto, può eccome.”

“Ridammelo!”

“Col cavolo!”

“Ridammelo!”

Il letto di Jungkook cigolò fortissimo e Ridge spalancò gli occhi.

Il principe si era tuffato in avanti, letteralmente. Con un braccio tutto teso cercava di riprendersi lo scacco che gli era stato rubato, ma Jungkook glielo impediva. Gli aveva piazzato una mano in fronte e lo respingeva così forte che tra un po’ lo buttava giù. Si rilassò quando il principe tornò al suo posto, ma fece male. Il biondo non aspettava altro.

Taehyung gli afferrò la caviglia (quella buona) e la tirò verso la fine del letto con uno scossone. Jungkook finì con la schiena sul materasso e la camicia da notte gli salì sulle cosce. Ridge dovette lottare con sé stesso per non indugiare su quel particolare. Rispettava troppo il ragazzo per far pensieri osceni su di lui.

Il principe approfittò dell’effetto sorpresa per sovrastare l’altro e liberare il re dalle sue grinfie. Jungkook dimenò braccia e gambe come un insetto rovesciato sul dorso ed entrambi presero a scalciare, graffiare, tirarsi ginocchiate. Le infermiere si guardavano tra di loro per chiedersi se fosse il caso di intervenire, ma i due erano tutt’altro che arrabbiati. Taehyung e Jungkook sembravano due gattini che si mordono per giocare. Nessuno aveva mai litigato così felicemente.

Ridge era arrivato a due conclusioni: o in infermeria erano tutti ciechi o era solo la sua mente contorta a notare certe cose. L’uomo vedeva come il principe dimenticava sempre le mani sulle ginocchia di Jungkook. Vedeva come Jungkook abbassava lo sguardo ogni volta che sorrideva troppo apertamente. Vedeva come si rubavano a vicenda gesti e modi di fare, come se lo stare insieme per tutto quel tempo stesse mescolando le carte di due mazzi diversi.

E poi lo sapeva. Taehyung aveva diciannove anni e Jungkook sedici.

Il principe aprì a forza le dita di Jungkook e si riprese il suo re. Fece per rimetterlo subito in piazza, ma si accorse solo in quel momento che la scacchiera si era rovesciata. Con tutto quel movimento le pedine erano ruzzolate ovunque.

Vedendo la sua espressione delusissima, Jungkook se la rise di gusto. “Ben le sta. Così impara a non lasciarsi mangiare.”

Taehyung gli rifilò un crocchio sulla fronte, Jungkook tirò fuori gli artigli. Non scoppiò un’altra zuffa solo perché un’infermiera si mise in mezzo.  

THE SLEEPLESS KING (Libro 1) (BTS FanFiction - Taekook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora