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Una bandiera sventolava alta sulle torri nemiche.

Il castello in cui era stato portato il trono del Re era proprio davanti alla carovana. Avevano fatto un giro particolarmente largo per arrivare sul retro senza essere avvistati e carri, cavalli e gentaglia si erano fermati una quarantina di metri più indietro. Erano avanzati esclusivamente i soldati.

C’era un’entrata secondaria a ridosso del bosco in cui si trovavano. Il piano prevedeva di irrompere nel castello da lì, ma c’erano due problemi. Problema numero uno: la guardia in cima alle mura. Si voltava a destra e sinistra con il ritmo cadenzato di chi è annoiato a morte, ma lo faceva in continuazione. Problema numero due: gli alberi del bosco. Più si avvicinavano alle mura meno si facevano fitti. Tra le loro chiome si formavano dei buchi troppo grossi, la guardia avrebbe visto i soldati.

“Allora, quale è il piano?” chiese uno di loro. Stavano tutti osservando la guardia da dietro un muro di cespugli.

“Entrare, prendere il trono, uscire.”

“Chiaro e coinciso.” fece Jungkook.

“Come piace a te.”

Taehyung ascoltava in silenzio, nervoso. Spostava lo sguardo da un soldato all’altro alla ricerca di un po’ di conforto, ma erano tutti troppo concentrati.

“Okay, procediamo di albero in albero. Quando la guardia si volta a destra noi ci avanziamo. Si volta a sinistra e stiamo nascosti. Tutto chiaro?”

Un mormorio di assenso generale. Gli uomini di Chestnut si trovarono un albero ciascuno e Bennet diede il via. La guardia si voltò a destra, ogni soldato sgattaiolò dietro un altro albero. Sinistra e stettero fermi. Destra e avanzarono. Sinistra e stettero fermi.

Ad ogni rametto spezzato la tensione saliva nei petti di tutti.

La testa della guardia tornò a destra, poi sinistra, poi destra, come un orologio a pendolo. Loro continuavano ad avvicinarsi al castello, i mantelli tenuti stretti per non lasciarli svolazzare.

Sinistra, un altro posto in avanti.

Destra, nascosti.

Andarono avanti così per un tempo che parve interminabile. Di tronco in tronco, di respiro in respiro. Come era già stato detto, gli alberi si facevano sempre più radi e lo spazio tra uno e l’altro diventava più lungo. Bisognava correre per non essere beccati.

I soldati dovevano essere abituati a queste cose, ma per Taehyung era tortura. Non si sarebbe stupito se la guardia li avesse scoperti solo perché a lui batteva il cuore all’impazzata. La sua testa era completamente svuotata, sentiva solo lo sfrusciare veloce dei passi.

Sinistra, destra.

Sinistra, destra.

Sinistra, Taehyung corse avanti.

Destra, qualcuno gli arrivò addosso.

Lui e Bennet si sbalzarono a vicenda da dietro il tronco. Dovevano aver puntato lo stesso albero e nessuno dei due aveva visto l’altro.

La guardia non si voltò più a sinistra. Bennet fece giusto in tempo a ficcare il principe al riparo, poi si ritrovò una freccia piantata nel braccio.

A Taehyung scese il cuore nello stomaco, Bennet si gettò a terra.

“Chi va là?” urlava la guardia. “Di che regno siete?”

L’aria rimase immobile. I soldati erano tutti nascosti con mani, colli e polpacci in completa tensione, più silenziosi e leggeri che mai. Taehyung e Bennet si guardavano dritti negli occhi, uno disperato e l’altro concentratissimo. La guardia continuava a urlargli di rivelare la sua identità, ma Bennet si fingeva morto. 

Taehyung aveva mandato a monte tutto. Era bastato un solo errore, una cosa da niente. Si sarebbe dovuto chinare al fianco di Bennet per estrargli la freccia, controllare il suo crisantemo, ma era completamente paralizzato.

La guardia nemica sparì dall’orizzonte. Era andata a chiamare i rinforzi e due infermiere della carovana ne approfittarono per correre immediatamente da Bennet. Lo tirarono su di peso e scapparono via più veloci che poterono.

Dal momento che la via era libera, tutti i soldati si mossero. Alcuni solo di un albero, altri di tre, altri corsero direttamente ai piedi del castello. Taehyung era l’unico immobile. Aveva le gambe di piombo, lo sguardo perso nel vuoto. Le sue dita raschiavano tra le rughe dello stesso albero.

Un altro cambio di alberi, altri movimenti di foglie, altre ombre veloci. Taehyung iniziò a singhiozzare.

Non sarebbe dovuto venire.

Non sarebbe dovuto venire.

Non era un generale, non era un soldato, non era un principe. Non sarebbe dovuto venire.

Taehyung voleva tornare al lago, a casa sua, dove non esisteva la guerra, dove non c’erano armi, guerre, complotti, soldati, re, regine. Voleva solo andare a casa, dannazione, solo quello. Solo andare a ca-

Un petto si premette contro la sua schiena. Spinse Taehyung contro il tronco dell’albero, forte, come a voler ridurre il più possibile lo spazio che un corpo poteva occupare.

“Non potete stare fermo qui, Altezza.”

Taehyung non rispose, incassò il capo nel collo. Sapeva quanto Jungkook trovasse i pianti disgustosi.

Ci fu un altro cambio di alberi, i due se lo persero. Jungkook parlò direttamente nell’orecchio di Taehyung per non fare rumore, ma era assordate.

“Finché la missione non è fallita non si può mollare, avete capito? Dovete andare avanti.”

Nessun responso.

“Altezza.”

Un boato riempì l’aria. Il terreno sussultò e Jungkook si premette contro il principe ancora più forte. Erano guancia contro orecchio, cuore contro cuore. Taehyung sentiva battere quello di Jungkook così chiaramente che credette che il proprio stesse facendo gli straordinari.

Jungkook stava pregando Dio di renderli invisibili quando un coro di urla si alzò al cielo. Il ragazzo si sporse dal tronco solo per capire cosa stesse succedendo e vide che tutti i suoi compagni erano usciti allo scoperto con armi sguainate e denti digrignati. Avevano buttato giù il portone dell’entrata secondaria e si stavano riversando all’interno del castello con furia combattiva.

Era il loro momento.

“Andiamo, Altezza. Via libera.”

Jungkook uscì da dietro l’albero pronto a correre, ma si fermò neanche tre passi dopo. Il vento soffiava e Taehyung era rimasto dov’era. Non dovendo più preoccuparsi di stare nascosto aveva abbracciato il tronco, come se si trattasse del più robusto degli amici.

A volte Jungkook se lo scordava che non tutti erano come lui. Non tutti erano fatti per andare avanti, per lottare. C’era chi ignorava tutti i colpi e si lasciava sanguinare e chi aveva bisogno di leccarsi ogni ferita per muovere un solo passo.

Il castano lanciò un’occhiata al portone sfondato, poi tornò a guardare Taehyung.

“Aspettate un altro po’, poi tornate indietro. Dovete dire al resto della carovana di allontanarsi e di aspettarci al limite del bosco. Va bene?”

Era tutto un ordine, un’indicazione, ma quell’ultima richiesta di conferma era superflua. Jungkook sapeva che Taehyung avrebbe fatto tutto quello che gli diceva, ma se aveva usato un punto interrogativo era solo per ricevere una risposta in cambio.

“Va bene.”

Una volta sentita la voce del principe, Jungkook poté andare. Charlotte venne a prendere il fratello praticamente subito e i due raggiunsero il luogo in cui era nascosta la carovana insieme.

Nessuno seppe quanto tempo ci misero gli uomini di Chestnut a uscire dal castello nemico. Si resero conto che era tutto finito solo quando si ritrovarono a fuggire, con i cavalli che galoppavano, il trono di Re Quentin su un carretto e le stelle della notte sopra di loro.

THE SLEEPLESS KING (Libro 1) (BTS FanFiction - Taekook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora