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Nove giorni.
Taehyung non si trascinava fino alla sala allenamenti con la speranza di vedere Jungkook. Taehyung si trascinava fino alla sala allenamenti con la speranza che Domenico non gli portasse cattive notizie.
“Vostra Altezza,” iniziò l’inserviente.
“Sì, lo so, niente allenamento. Non è che hai bisogno di una mano con le tue faccende?”
“Il vostro allenatore è indisposto. Mi manda a dirle di non presentarsi qui fino a quando non ve lo comunicherà lui stesso.”
Taehyung alzò la testa dal libro che stava leggendo di scatto.
“I Dodici sono tornati?”
“Dall’alba, Altezza. Sono in infermeria.”
Taehyung balzò in piedi.
“Dov’è l’infermeria?”
“Secondo piano, porte azzurre. Volete che vi accompagni?”
Le gambe di Taehyung risposero per lui. Superarono Domenico e andarono di corsa giù per la biblioteca, pronte a farsi tutto il castello a perdifiato. Sbagliarono strada un paio di volte, ma quei piedi volavano.
Trovare le porte azzurre fu per Taehyung come vedere il luogo di mezzo fra terra e paradiso.
La giovane che gli aprì si stupì di riconoscere il principe. Il ragazzo aveva il fiatone e le guance rosse come mele.
“E’ un momento delicato? State operando qualcuno?”
“Ma quale momento delicato. Questi qui stanno approfittando della nostra pazienza per farsi un pisolino.”
A parlare non era stata la giovane. Taehyung aveva sentito quella voce una sola volta nella vita, ma la riconobbe subito.
“Salve, Atsuko. Come state?”
“Meglio senza il figlio del Re nei paraggi. Chiudete quella porta, farete prendere un malanno a tutti.”
Taehyung si chiuse le porte dietro con un sorrisetto.
La fattucchiera era nel bel mezzo della infermeria, una fila di letti alla sua destra e una alla sua sinistra. Tutte le infermiere indossavano una divisa dalla stessa tinta celeste delle porte, ma lei no. Sempre i soliti abiti giapponesi, questa volta rossi fuoco.
Atsuko non mentiva: i Dodici non erano tutti rose e fiori ma in vista non c’erano né sangue né amputazioni. La maggior parte di loro se la dormiva nella grossa e le infermiere stavano facendo il giro di tutti per toglier loro mantello e scarponi. Le lenzuola erano piene di fango secco.
Immerso in quell’oasi di silenzio, profumi d’erbe e passi di donna, Taehyung chiamò il suo nome sottovoce.
“Jungkook?”
“Se siete qui per le lezioni di spada potete anche andarvene. Oggi mi esonero.”
A Taehyung si gonfiò il petto. Volò nella direzione da cui era provenuta la voce con la leggerezza di un palloncino e la foga di un uragano.
Jungkook era lì, sdraiato su uno dei letti, tutto occhi, bocca e ricci. Indossava gli stessi vestiti con cui doveva essere arrivato e le sue spalle erano più larghe di quanto ricordasse.
“Sei sveglio.” disse Taehyung, come se Jungkook avesse passato gli ultimi sedici giorni a dormire in infermeria.
“Non posso dire lo stesso di voi. State facendo lo sciopero del sonno? E’ una nuova forma di protesta?”
Taehyung sorrise. Andò a mettersi una mano sotto gli occhi, consapevolissimo delle condizioni in cui era ridotto. L’ultima volta che si era guardato allo specchio era più verde che rosa.
Jungkook stava per ricambiare il sorriso. Taehyung lo vedeva, era lì lì per farlo, sarebbe bastato un guizzo della guancia, ma Atsuko scelse proprio quel momento per tagliargli la strada. Andò a sedersi sul letto di Jungkook con la grazia di una giraffa e si mise il piede sinistro di lui sulle ginocchia. Gli tolse il
calzino, gli sollevò la braga del pantalone e prese a fargli un massaggio alla caviglia. Doveva essere particolarmente energetico, perché Jungkook aprì la bocca in un gemito senza versi.
Una delle infermiere portò a Taehyung uno sgabello e lui si sedette al fianco di Jungkook. Aveva alle spalle il letto di Ridge, ma finché lo sentiva russare era tranquillo.
“Dai, Jungkook, raccontami le tue gesta da cavaliere.”
Il castano aprì gli occhi per trucidarlo, ma il dolore glieli fece strizzare subito. Tirò una bestemmia e la fattucchiera se la rise.
“Hai qualche ferita di guerra che passerà alla storia?”
“Nessuna peggiore di quella di Bertha.”
Taehyung ridacchiò e si portò un ginocchio sotto al mento.
Era assurdo, si sentiva così tranquillo. Voleva parlare, ascoltare, dire qualcosa e sentirsi dire qualcos’altro in cambio.
E Jungkook lo disse, ma non a lui.
“Ma cosa state facendo?”
Atsuko parlò con nonchalance. “Ti fascio la caviglia.”
“Questo lo vedo.”
Jungkook guardò in cagnesco le mani della donna, ora intente a passare una striscia di garza tutt’intorno al suo arto. “Ed è proprio necessario?”
“Niente di rotto, ma non la devi sforzare. Ci penseranno le infermiere a portarti da mangiare.”
“Non ci penso nemmeno a starmene in infermeria! Sto bene!”
“Dillo alla tua caviglia, non a me.”
“Le mammolette si fanno accudire, non i cavalieri.”
“I cavalieri non fanno i cavalieri se sono zoppi.”
Atsuko strinse la fascia in un bel nodo e si tolse di dosso il piede di Jungkook. Una volta in piedi si buttò i capelli lunghissimi dietro la schiena e puntò un dito contro il ragazzo.
“Guai a te se ti trovo fuori dal letto. Ti rompo l’altra gamba, non scherzo.”
Jungkook ringhiò, ma Atsuko andava già verso la porta. Le infermiere la guardarono uscire come per supplicarla di non andarsene e i pochi tra i Dodici rimasti svegli sghignazzavano sotto i baffi. Jungkook e
la sua ingestibilità erano diventati popolari.
“Per tenere buono un cane rabbioso dovete dargli un osso da mordere.”
Il commento fatto da chissà chi scatenò l’ilarità dell’infermeria. Persino quelli che sembravano dormire si tirarono su per farsi due risate e Jungkook gonfiò le guance dal nervoso.
Taehyung voleva dirgli di non prendersela tanto: lui di ossa ne aveva duecentosei ed erano tutte più che felici di sacrificarsi.

THE SLEEPLESS KING (Libro 1) (BTS FanFiction - Taekook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora