36. Lasciare il segno

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Dopo pochi minuti, a me sembrati ore a causa del pessimo clima che aleggiava tra me e il castano, scorgo casa mia farsi man mano sempre più vicina.

Una volta appostato davanti al marciapiede spegne il motore e si lascia andare contro il volante con un lungo sospiro. Rimango a guardarlo in silenzio, certo che parlare a vanvera non farà altro che peggiorare la situazione, e aspetto che si calmi del tutto.

Aspetto per più di venti minuti dopodiché mi decido di dover entrare in casa, se sono io il motivo del suo nervosismo e avermi affianco in questo momento non lo aiuta, non mi resta che andarmene.

Gli lancio un ultimo sguardo, lui ancora con la fronte appoggiata al volante e gli occhi chiusi, e appoggio la mano sulla maniglia ormai deciso a lasciargli i suoi spazi. In effetti, da quando abbiamo iniziato a frequentarci, gli sono sempre stato attaccato e gli ho ridotto enormemente il tempo libero che avrebbe potuto usare per riposarsi o dare sfogo ai suoi hobby.
Sono solo stato un peso per lui, da sempre l'ho vincolato a me senza lasciarlo respirare e mi sento terribilmente in colpa.

«Grazie hyung, ci vediamo» dico solamente con lo sguardo basso prima di uscire dalla vettura e successivamente entrare in casa.

Mi tolgo le scarpe e raggiungo il salotto, dove i miei genitori mi accolgono durante la visione di un film d'avventura di cui non ricordo il nome.
«Hey amore, tutto bene?» mi chiede con premura la donna facendomi sedere tra lei e il marito, che mi osserva in silenzio; avrà già probabilmente capito che qualcosa non va.
«N-» ed infatti il suono del campanello interrompe il nostro dialogo mettendomi in allerta.
So benissimo chi è la persona ad attendere che gli apriamo e adesso come adesso non me la sento di parlarci insieme.

«Non aspettiamo visite..» riflette mio padre guardando prima mia madre, che annuisce e si alza pronta per controllare, e poi me, sicuramente bianco in volto e agitato.
«Mamma non aprire» la richiamo, lei mi guarda confusa e appoggia la mano, precedentemente lasciata in aria, sulla maniglia.
«Perché Kookie? Magari è importante..»
«No mamma, ti prego»

Sembro averla convinta visto che poco dopo annuisce e torna da noi, scambiandosi uno sguardo con papà.
Il campanello però suona una seconda volta facendo sbuffare e alzare l'uomo, diretto alla porta.

«Papà no-»
«Stai tranquillo Kookie, ci penso io»

Apre successivamente la porta ma, essendo seduto in salotto, non riesco a vedere chi ha difronte, anche se ho i miei dubbi.
«E tu chi sei, ragazzo?»
«Un amico di Jungkook, potrei vederlo?»
Quella voce, una voce così profonda e delicata, armoniosa e calorosa, la riconoscerei ovunque, la mia voce preferita.

Ormai arreso al mio destino raggiungo mio padre e prima che possa rispondere al castano, lo faccio io.
«Cosa c'è, Taehyung?»
«Dobbiamo parlare di quello che è successo a scuola Kook, ti prego» mi guarda speranzoso e leggermente intimorito dallo sguardo opprimente di mio padre addosso.

Lo fisso per qualche secondo, combattuto se rimandare o no un possibile chiarimento mentre lui abbassa lo sguardo sulle sue scarpe di marca.
Non ce la faccio a vederlo così a causa mia ma ho troppa paura di cosa potrebbe emergere fuori se dovessimo discutere, ho paura che tutto quello che abbiamo creato insieme possa svanire nel nulla più totale o, semplicemente, che lui si sia stancato di me.
Ho tanta paura ma non sono un codardo e affronterò a testa alta qualunque ostacolo pur di poter stare con lui, mi basta lui e nient'altro per essere felice e di certo evitando i problemi questi non si risolveranno da soli e la situazione peggiorerà.

Ho detto che gli dimostrerò quanto lo amo e lo farò.

«Andiamo in camera Tae» lo prendo per mano e lo conduco nella mia stanza, sede di ricordi magnifici.
Una volta entrati accosto la porta e mi accomodo sul letto, tastando la parte di coperta vicino a me come invito a raggiungermi, e lui si siede accanto a me.

ᴍɪɴᴇ ᴏʀ ɴᴏᴛ? || ᴛᴀᴇᴋᴏᴏᴋWhere stories live. Discover now