35. Il nuovo studente

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«Che palle Kookie non c'ho voglia di entrare» si lamenta il mio migliore amico mentre saliamo le gradinate per entrare in quella prigione, dagli studenti più comunemente chiamata scuola.

Sono qui da nemmeno dieci minuti e già ho voglia di tornarmene a casa, magari al caldo sotto le mie soffici coperte a distarmi dalla tristezza che mi assale per la mancanza del mio castano preferito con una maratona di serie tv. Magari davvero.
Non sono pronto a tornare a seguire le noiose lezioni di quei pazzi scelerati dei miei prof, né tantomeno a sorbirmi i pettegolezzi su ciò che mi è successo.
In questa scuola sono tutti dei ficcanaso e oche in cerca di continue notizie su cui vociferare, che urto.



Prendo un gran respiro e mi faccio forza, entro dentro l'edificio diretto agli armadietti per recuperare i libri di cui io e Chim abbiamo bisogno e, come da copione, non appena si accorgono della mia presenza tutti gli studenti presenti intorno a noi si girano iniziando a parlare tra loro.

Che stupidi, assicuratevi che non vi senta o veda almeno.


Roteo gli occhi assalito dal fastidio di avere gli occhi di tutti puntati addosso e dopo aver inserito l'apposito codice apro l'armadietto di fronte a me con uno strattone, abbastanza rumoroso da far saltare il mio migliore amico sul posto.
Che cagasotto il mio mochi.


«Ei Kook calmati» mi sussurra il rosa appoggiandomi una mano sulla spalla in segno di conforto, sospiro e fisso i miei occhi nei suoi, visivamente preoccupato.
«Io ci provo Minnie, ma mi riesce difficile quando tutta la scuola vocifera su di te palesemente sotto i tuoi occhi. Mi innervosisce questa situazione» gli rivelo iniziando ad incamminarmi verso la mia aula, nello stesso corridoio di quella del mio amico.
«Come se non sapessimo che elementi girano in questo postaccio, non dare importanza alle cavolate che dicono» mi scompiglia i capelli prima di fermarsi davanti alla sua aula «A dopo Jungkookie»
«A dopo hyung» dico solamente prima di entrare in classe e dare ufficialmente inizio ad una delle giornate più brutte di tutta la mia vita.



Con una lentezza straziante arriva finalmente l'ora di fare ricreazione e, non volendo vedere né dialogare con nessun altro, mi dirigo dritto in classe di Jimin e lo porto in cortile per parlare un po'. Ho bisogno di sfogare il mio nervosismo e qual è il modo migliore se non parlare di tutto ciò che mi ronza in testa col mio migliore amico?

Mi sposto agilmente tra uno studente ed un altro nel lungo corridoio, sotto le proteste del rosa che mi prega, letteralmente, di non camminare veloce poiché non abbiamo fretta. Ha ragione, abbiamo tutto il tempo del mondo per conversare appostati sui gradoni come al nostro solito, ma a me interessa restare solo con lui, stare in un luogo meno affollato dove io possa tornare respirare e parlare senza filtri, senza il timore che qualcuno possa sentirmi.

Sono quasi arrivato all'uscita sul retro quando urto qualcosa, o meglio qualcuno, e mi sbilancio cadendo a terra e sbattendo il didietro contro il pavimento freddo e sporco.
«Ahia!» mi lascio sfuggire, stringo i denti mentre mi massaggio il mio povero fondoschiena.
Alzo lo sguardo e incontro due grandi occhi marroni come il cioccolato osservarmi con un misto di stupore e dispiacere. Sposto lo sguardo per tutto il corpo del ragazzo difronte a me, folti capelli biondo platino in forte contrasto con la pelle olivastra e i tratti affilati che gli conferiscono un'aria ancora più maschile di quanto la sua aurea non emani già, fisico muscoloso e sguardo ammaliante e profondo.

Senza dubbio un bellissimo ragazzo, non c'è che dire...ma il ragazzo che amo è cento volte più stupendo.

Il ragazzo sconosciuto si china di poco e mi porge la mano, lo guardo un attimo e dopo averlo visto rivolgermi un dolce sorriso, la afferro e mi tiro sù.
Mi squadra con attenzione dalla testa ai piedi, un sorrisino compiaciuto a contornare il suo volto, e finalmente si decide a parlare, rivelando una voce profonda che mi fa venire i brividi.

ᴍɪɴᴇ ᴏʀ ɴᴏᴛ? || ᴛᴀᴇᴋᴏᴏᴋМесто, где живут истории. Откройте их для себя