3. Tortino

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«Rompicoglioni pronto a rovinare ogni vostro piano di trascorrere un weekend romantico a rapporto» dissi appena Kevin venne ad aprirmi.

Mi accolse con un sorriso e uno «Scemo» che fece spuntare un ghigno sulle mie labbra. Erano resistiti solo flebili residui di lucidalabbra, potevo sentirne ancora l'odore insinuarsi nelle narici quando tiravo su con il naso.

E quel pomeriggio avevo tirato su con il naso parecchie volte.

«Ciao, Warren!»

Il saluto urlato di Trey arrivò dalla cucina mentre io entravo e mi richiudevo la porta alle spalle. Anche loro, come me, avevano dato una svolta alla loro vita. Quello non era l'appartamento in cui avevo trascorso gran parte delle mie giornate durante il primo e secondo anno di università, adesso lì ci vivevano altri studenti, stavano nascendo altre storie, si stavano stringendo altre amicizie.

L'idea che quella stanza non sarebbe più esistita, che non ci sarei più potuto entrare, aveva fatto male, all'inizio. Quante cose erano successe, lì dentro. Sentimenti repressi e poi espressi, baci, sorrisi, prese in giro, risate, sesso. Serate passate davanti ai videogiochi o a guardare telefilm in streaming, a ridere, a parlare, a giocare con la sua treccina. Abbracciati sotto le coperte o seduti sul tappeto peloso. Avvolti dal suo profumo femminile, circondati dal rosa.

Tutto era rosa, in quella stanza.

Tutto.

Adesso, invece, un pezzo di quel mondo rosa era a casa dei nonni, a casa mia e nel nuovo appartamento di Trey e Kevin.

Avevano preso la decisione giusta. Quello non era più il nostro posto, persino Charlotte se ne era andata, era tornata a vivere vicino ai suoi genitori appena si era laureata. Così, Kevin aveva chiesto ufficialmente a Trey di andare a convivere, avevano impacchettato le loro cose e avevano trovato una casa decisamente più piccola ma soltanto loro.

Ero felice per i miei amici, se lo meritavano.

Kevin e io raggiungemmo Trey in cucina, stava lavando i piatti.

«Ciao, bella lavanderina.»

«C'è un tortino nel frigo, se lo vuoi» rispose Trey, ignorando il mio commento. «È al caffè.»

Diamine, lui sì che sapeva ciò di cui avevo bisogno. Non indugiai mezzo secondo, aprii il frigo e presi il piattino con sopra il dolce, pescando anche un cucchiaino dal portaposate accanto a Trey. Mi accomodai al tavolo. Il primo boccone si sciolse sulla lingua in un tripudio di caffè e crema.

«Benedetto il giorno in cui sei diventato pasticcere.»

«Sono ancora un apprendista.»

«Mh, mh» feci con la bocca piena.

La fortuna sfacciata che aveva avuto Trey pochi altri potevano vantarla. Fino a qualche mese prima era soltanto il commesso – e talvolta fattorino – di una pasticceria, poi un giorno era rimasto a parlare con il suo superiore, che dal nulla gli aveva chiesto qualcosa tipo «Ti andrebbe di imparare?» e il caso aveva voluto che Trey fosse bravo, o che fosse capace di ascoltare, guardare e ripetere, perlomeno. Così ora era apprendista pasticcere e ultimamente non faceva che sfornare un dolce diverso alla settimana.

Kevin si sedette di fianco a me, a capotavola, la testa sostenuta dalla mano sinistra mentre mi fissava sorridente, i riccioli ramati gli ricadevano sulla fronte come molle impazzite. «Ti senti meglio?»

L'ultimo residuo di lampone si mischiò al caffè e scomparve dalle mie labbra, che leccai e poi sfregai con il dorso di una mano. «I dolci di Trey fanno sempre sentire meglio.»

Trey prese posto all'altro capotavola, i piatti puliti e sistemati nella credenza. Mi osservò con i suoi occhi scuri, due pozze di inchiostro gentili e timide. «Vuoi parlarcene?»

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now