41. Cambiamento

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Le cose tra me e Jen non potevano andare meglio. Da quando le avevo raccontato di Rory, il nostro rapporto sembrava essersi fatto al tempo stesso più concreto e più leggero. Non che fosse mai stato pesante – non tra noi due, era il resto a essere pesante –, ma c'era un velo di consapevolezza in più. Jen mi aveva capito, aveva capito il mio amore, il mio dolore. Aveva capito cosa avesse fatto rinascere in me e non si era preoccupata, nell'ultimo mese, di insinuarsi ancora di più nel groviglio che erano le parti complicate di me.

Mentiva a Austin per passare più tempo possibile insieme, le bugie sui suoi turni al lavoro continuavano a funzionare alla grande. Un sabato sera aveva addirittura finto di sentirsi male, così Austin era uscito con i suoi amici e io l'avevo raggiunta in un battito d'ali. Avevamo fatto l'amore sul divano. Lo avevamo fatto parecchie volte, in quelle settimane.

Avevo imparato a conoscere il corpo di Jen, e non solo fisicamente parlando.

Lei aveva imparato a conoscere la mia anima qua e là ancora sbriciolata.

Senza nemmeno rendermene conto, era arrivata la primavera. Proprio quel giorno. Era il 20 marzo. Ed era il compleanno di Jen. Una ninfa dei boschi come lei non poteva nascere che all'equinozio di primavera.

Quando lo avevo scoperto, avevo deciso che avrebbe dovuto essere un giorno da ricordare. Per questo mi ero recato al Chroma Couture un paio di settimane prima, quando Jen non c'era, e avevo chiesto alle sue colleghe cosa ne pensassero di una festa a sorpresa. Avevano creato una chat di gruppo ancor prima che potessi finire di proporre alternative. Avevano aggiunto ovviamente anche me, che avevo aggiunto Trey e Kevin. Con una scusa ero riuscito a non far inserire Austin.

A lui ci avevo pensato io.

Avevo fatto credere alle ragazze che ci avessi parlato faccia a faccia, che avessimo già un accordo e che non voleva rischiare che Jen beccasse la chat della festa. Peccato che in realtà l'avevo avvisato solo quel martedì, appena tre giorni prima della festa. Sapevo che non aveva nulla in programma con Jen, che al massimo avrebbero festeggiato a casa, solo loro due, o con una triste cena in un ristorante. Non poteva dirmi di no né poteva dirmi una bugia, perché avevo tirato in ballo che Jen mi aveva confessato che non aveva ancora organizzato nulla per il suo compleanno. Austin ci aveva provato, però, dicendo che anche lui aveva pensato di farle una sorpresa. Perché non unirle, allora? La sua sorpresa privata poteva sempre farla nel weekend; ormai noi avevamo tutto pronto – e con noi avevo sottinteso le colleghe di Jen che mi avevano a loro volta avvisato all'ultimo.

Insomma, avevo raffinato le mie doti attoriali per averla vinta.

Nemmeno avevo dovuto insistere più di tanto. Austin si era assicurato di non dire niente a Jen, si era incredibilmente prestato alla nostra recita. Così, quella sera l'aveva portata fuori con la scusa del compleanno per passare una serata diversa ma, in realtà, Jen, appena varcata la porta del ristorante, aveva trovato tutti noi ad aspettarla, pieni di sorrisi e voglia di festeggiare insieme.

Era scoppiata a ridere e a piangere allo stesso tempo.

Da quando si era seduta con noi alla tavolata, però, sorrideva e basta. E parlava, parlava un sacco. Lei e le sue tre colleghe non avevano ancora chiuso bocca. Era così appagante vederla serena e spensierata. La presenza di Austin, al suo fianco, non sembrava influenzarla come al solito. Doveva essere il primo segnale della sua rinascita.

Il cuore mi andò in gola più di una volta, durante la cena.

Era bellissima.

Non solo perché era seduta proprio di fronte a me ed era difficile distogliere lo sguardo dal suo bellissimo viso, ma perché tutto ciò che emanava in quel momento era bellezza.

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now