44. Coraggio

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Appena io e Kevin entrammo in pasticceria, la ragazza dietro al bancone ci salutò cordiale, chiamandoci per nome. Non una grande sorpresa, dato che eravamo clienti abituali. E neanche a farlo apposta, il motivo per cui lo eravamo uscì in quel preciso momento dalla porticina che dava sul retro, con un vassoio pieno di pasticcini appena sfornati. L'aria si riempì di cioccolato, e il mio stomaco brontolò nonostante fossero soltanto le tre del pomeriggio.

«Allora, com'è andata con il professor Turner?» Trey saltò i saluti, andando direttamente al sodo. La sua espressione faceva intendere che fosse più agitato di me giusto qualche ora prima.

Feci un sospiro sconsolato e mi strinsi nelle spalle.

Le sue lentiggini risaltavano adesso che stava assumendo un colorito cadaverico.

Evitai di comportarmi da stronzo che faceva svenire i suoi amici, così tirai le labbra in un sorriso vincente, feci scattare il pollice all'insù ed esagerai con un occhiolino. «Il qui presente Warren Evans ha avuto l'approvazione del suo supervisore, ragazzi.»

Trey riprese colore e sprizzò gioia dagli occhi. «È fantastico!»

«Vero?» mi pavoneggiai. «Non vedo l'ora di finire, anche se poi dovrò ricominciare da capo.»

Kevin mi diede una gomitata amichevole nel fianco. «Farai un ottimo lavoro anche nel tuo nuovo percorso.»

Emisi un lamento esagerato. «Lo so, me lo hai ripetuto centomila volte nelle ultime due ore.»

La seconda gomitata fu tutt'altro che amichevole. «Se tu te ne convincessi, una buona volta, forse non dovrei farti da supporto morale costante.»

Sventolai entrambe le mani. «Sai che le tue frasi da saggio tibetano sono il mio pane quotidiano.»

Kevin alzò gli occhi al cielo, mentre Trey si lasciò fuggire un risolino.

«Festeggiamo con una fetta di torta?» chiese quest'ultimo.

«Aspettavo che lo dicessi!»

Mi fiondai sulla vetrina, scandagliando le varie tipologie di dolci. Avevo voglia di qualcosa di fresco, fruttato magari.

«Ordina ciò che vuoi, offro io» affermò Trey.

Schioccai la lingua sul palato. «Non esageriamo, alla fine è soltanto una tesi approvata. Ho ancora l'ultimo esame a maggio, devo finire il saggio di una materia e aggiornare la tesi di settimana in settimana finché non finisco il tirocinio. Facciamo che mi offrite qualcosa il giorno della laurea.»

«Affare fatto» rispose, quindi tagliò due fette della sponge cake ripiena di fragole che gli indicai e la servì a me e a Kevin riservandoci un tavolino all'esterno. Prima che potesse tornare dietro al bancone, Kevin lo agguantò per un braccio e gli fece gli occhi dolci.

«Rimani anche tu?»

Trey si fece convincere facilmente, perché un paio di minuti dopo – con il benestare del suo capo – era seduto al tavolo con noi, sul quale svettava una terza fetta di torta.

Il mio momento di gloria era bello che terminato e passammo a discutere di quando sarebbe toccato a Kevin il prossimo anno. Per ottenere il master aveva un percorso di studi più lungo del mio, ma con la storia del diventare un professore lo avrei battuto con uno scarto di almeno cinque anni. Che gioia. Però, a essere sincero, non vedevo l'ora di iniziare.

L'atmosfera era serena. Mi sembrava impossibile dopo il senso d'oppressione del giorno prima.

Jen mi aveva dato ascolto e aveva chiesto una settimana di permesso. Non aveva voluto fornire una spiegazione, aveva semplicemente pregato la sua responsabile. Si era abbassata a un livello tale, dicendole che era importante e una questione delicata. Si era poi premurata, nel caso fosse passato Austin in negozio, di chiederle di non fargli sapere niente, nemmeno che aveva chiamato. La sua responsabile doveva essere una santa, perché, Jen mi aveva raccontato per messaggio, dopo un primo attimo di spaesamento aveva acconsentito. Le aveva anche domandato se ci fosse qualcosa che non andasse, ma Jen l'aveva liquidata con un «Prometto che te lo dirò.» Una dimostrazione di coraggio niente male, se glielo avesse detto veramente.

Come Toccare un FioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora