19. Desiderato

218 43 182
                                    

La vista non era delle migliori, il balcone di Austin dava su una strada chiusa, ma questa veniva compensata dalla compagnia e dall'odore mischiato delle nostre sigarette. Certo, se avesse fatto meno freddo sarebbe stato ancora meglio, invece che dover fumare con il giubbotto e le folate di vento che si infilavano dietro la nuca.

Austin era appoggiato alla ringhiera di ferro con gli avambracci, incurante delle temperature, dato che era semplicemente in tuta. Di pile, ma pur sempre una tuta. E il sole ormai era tramontato. La luce del lampione rifletteva tra i suoi capelli biondi, creando onde dorate miste a quelle argentate dove era la luna, invece, a riflettersi. Seguii la curva della sua schiena, gli fissai il sedere e poi le gambe lunghe e atletiche, facendomi sfiorare dai ricordi di Capodanno.

Feci un lungo tiro e lo affiancai, i nostri gomiti a contatto. «Da quanto state insieme tu e Jen?»

Austin si sfilò la sigaretta dalla bocca e mi guardò di sbieco. «Tre anni.»

«Uhm.» Soffiai fuori il fumo. «Un bel po'.»

«Sembrano tanti, è vero.»

«Sembrano?»

«Beh, non sono così tanti.»

Pagherei per passare altri tre anni con Rory.

Risposi con un'alzata di spalle e ingoiai il dolore prima che potesse palesarsi sul mio volto. Ero così stupido, santo cielo. Sbagliavano a dire che la mia fissa era Jen, quando era palese essere Rory. Non c'era giorno in cui non pronunciassi il suo nome o non lo rivivessi nei ricordi, non c'era giorno in cui non venisse forata la cisterna e io dovevo correre ai ripari con qualche toppa prima che si svuotasse del tutto.

Riempire le fondamenta...

Sì, dovevo concentrarmi su quello.

E sull'odore di sigaretta e cannella proveniente dalla pelle di Austin. Era buono, mi ricordava che i miei sensi erano tutti al loro posto. Ero io a convincermi di non averli, di non poter godere della vicinanza di un altro corpo. Beh, il corpo di Austin era off-limits, ma ciò non mi impediva di riassaporare come fosse averne uno accanto.

Inghiottii la nausea del senso di colpa.

«Come vi siete conosciuti?»

Austin rabbrividì. Altro che cavaliere impavido, scommisi che stava gelando. Gli avrei ceduto la mia giacca, se le circostanze fossero state diverse. O se fossi stato scemo. Chi me lo faceva fare di gelare al posto suo?

«In un locale, al suo diciottesimo.» Si leccò le labbra, la lingua rimase qualche secondo all'angolo della bocca. Il vento che mi colpì la faccia diventò caldo all'improvviso. «Non avevo capito subito se fosse maschio o femmina, sai?»

«Oh, bene. Allora non sono il solo ad aver fatto una figura di merda con lei.»

«Credo che in tanti abbiano fatto figure di merda con lei.»

Arricciai il naso.

«Era lì da sola» continuò a raccontare. «Era la prima volta che andava in un locale del genere.»

«Uhm?»

Austin portò i capelli indietro con un gesto secco. Li osservai ricadere sulla sua fronte come un'onda ribelle. «LGBT friendly» rispose con una punta di divertimento nella voce.

Idiota. Potevo arrivarci.

«Era al bancone, spaesata e con le mani talmente strette su un bicchiere di drink che il rosso delle sue unghie spiccava come non mai rispetto al pallore delle dita.»

L'immagine di Jen si palesò con facilità nella mia mente. D'istinto sorrisi, una fitta di tenerezza mi rilassò i muscoli. Poi fu un altro pensiero a scuotermi.

Come Toccare un FioreDonde viven las historias. Descúbrelo ahora