22. Redenzione

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«Per oggi chiudiamo qui.» Il professor Turner si accostò al portatile e il suo desktop pieno di cartelle e file prese il posto delle dispense proiettate fino a un secondo prima sulla lavagna digitale.

Il chiacchiericcio degli studenti riempì l'aula insieme al fruscio dei quaderni che venivano chiusi e riposti negli zaini, al suono delle cerniere degli astucci, delle penne che venivano sbatacchiate, alle molle delle sedie che rimbalzavano facendo tornare le sedute verticali a mano a mano che i ragazzi si alzavano.

«Corri a prendere il bus?» chiesi ad Alex. Aveva già infilato il giubbotto e nemmeno mi ero reso conto di quando lo avesse recuperato.

«Volo potentissimo.»

Ridacchiai.

Nathan fece una smorfia non appena Alex fu fuori dall'aula. «Quando mai rimane in università un minuto di più. Non so nemmeno perché fa parte del nostro gruppo.»

«Dai, lascialo stare» lo riprese Barbara. «È soltanto più introverso di te.»

Theresa le diede man forte. Sarebbe stato difficile il contrario, dato che le piaceva Alex da quando lo avevamo conosciuto e si era unito alla nostra compagnia.

Del mio vecchio gruppo, nessuno aveva continuato con la mia stessa specializzazione: Kevin si era gettato in Biologia Molecolare, Trey aveva abbandonato per la pasticceria, Stephan si era accontentato dei tre anni e Malory si era data alla Biotecnologia. E poi c'ero io, Scienze Naturali. Tuttavia, non avevo trovato solo volti nuovi, come Alex. Nathan, Barbara e Theresa avevano frequentato con me e il mio vecchio gruppo alcuni corsi e laboratori nei primi tre anni, anche se li conoscevo relativamente poco, qualche chiacchiera e saluti di rito, qualche insulto ai professori, condivisione di disperazione dopo un esame...

«Nella chat di gruppo risponde molto più di te» affermò Barbara.

«Perché io preferisco parlare faccia a faccia» si giustificò Nathan, ma lo fece graffiando così tanto la superficie di un vetro immaginario, che probabilmente nemmeno lui ci credeva.

«Ciao, Kevin.»

Sollevai di scatto lo sguardo dalla tracolla, in cui stavo ancora sistemando la mia roba; riccioli ribelli e un sorriso gentile comparvero nella mia visuale. «Ohi» lo salutai. «Mi sono dimenticato che dovevamo vederci?»

Kevin scosse la testa. «Sorpresa.»

Arcuai le sopracciglia.

«Mangiamo insieme?»

Esitai, una botta di panico mi fece drizzare i peli sulla nuca. Quella settimana avevo preferito evitare la compagnia dei miei amici, non ci eravamo visti né sentiti più dello stretto necessario. Università, tirocinio, ripetizioni e poi filato a casa a studiare e continuare la tesi. Niente pranzi con Kevin, niente improvvisate a casa sua e di Trey. Cellulare quasi sempre silenzioso. Avrei dovuto immaginare che Kevin non me l'avrebbe fatta scampare. In quel momento, avrei volentieri preso d'esempio la fuga di Alex, se non avessi avuto tirocinio nel pomeriggio.

«Vi unite a noi?» tentai pateticamente di coinvolgere gli altri. Un pranzo tutti insieme sarebbe stato diverso rispetto a uno solo con Kevin.

«In realtà pensavo soltanto noi due» ribatté lui, fulmineo.

Fissai lo sguardo nel suo, serio. Probabilmente, da qualche parte nei miei occhi poteva leggere una supplica del tipo "Ti prego, non mettere il dito nella piaga. Lasciami stare", ma era Kevin, uno dei miei migliori amici. Non mi avrebbe mai lasciato stare, non mi avrebbe mai abbandonato a me stesso.

Kevin ricambiò lo sguardo, i suoi occhi di un castano luminoso, come il tronco dei ciliegi. Non erano arrabbiati né mi rimproveravano. La sua supplica era del tipo "Ti prego, permettimi di starti accanto. Non allontanarmi".

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now