47. Germogli

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«Non ho ancora capito perché non sei andato alla polizia.»

Austin mi piantò addosso un lungo sguardo inespressivo. Ebbe come risultato soltanto quello di farmi digerire ancora meno il caffè.

Perché avevo accettato di sprecare il mio pomeriggio in quel bar con lui? Ah, sì. La storia di fare il buon amico. Un buon amico ti lanciava il caffè bollente in faccia? Le mie mani prudevano da quando avevamo ordinato.

«Perché è evidente che Jen non vuole essere ritrovata.» Incrociò le braccia sul tavolino. Un altro lungo sguardo, questa volta con un velo di irritazione. «Non da me.»

«Tecnicamente la ritroverebbe la polizia.»

Le rughe sulla fronte accentuarono il suo nervosismo.

Lo trovai divertente.

«Okay, senti...» Gesticolai con una mano, poi la ritrassi e la poggiai sul tavolino chiusa a pugno. «Non è normale che Jen sia scappata per un litigio. Deve essere successo qualcosa.»

Piantai gli occhi nei suoi sperando fossero puro fuoco. A questo punto aveva importanza se Austin capisse che sapevo? Ero stufo di interpretare quella sceneggiata, ero stufo di Jen bloccata a casa di mia madre come una rifugiata di guerra. Che razza di libertà era quella che ti teneva comunque prigioniero?

«È successo che quando si mette di impegno fa la difficile e la melodrammatica.»

Okay, respira.

Dovetti ricorrere a tutta la mia forza di volontà per non far volare i pugni, oltre al caffè.

«Che cazzo stai dicendo?» ribattei senza alzare la voce ma con un ringhio roco. «Non è un gioco. Jen se ne è andata senza far sapere niente a nessuno, potrebbe essere letteralmente ovunque e potrebbe aver bisogno di aiuto.»

Austin strizzò le labbra in una smorfia. «L'unico aiuto di cui aveva bisogno era il mio e lo ha rifiutato.»

«D'accordo, basta.» Mi alzai dalla sedia con uno stridio sul pavimento. «Non ho voglia di stare a sentire le tue stronzate. Non vuoi farmi sapere cos'è successo? Va bene. Non ti interessa ritrovare Jen? Bene comunque. Evidentemente non è così importante per te come tu credi. E se Jen è scappata da te, probabilmente vale lo stesso per lei.»

«Non ti perm...»

«Vaffanculo, Austin» lo interruppi con anche un movimento della mano. Ero già in direzione dell'uscita. «Non chiedermi più aiuto, non mi va di darlo a persone come te.»

Me ne andai senza dargli la possibilità di replicare. Se mi avesse seguito fuori dal bar, sarei semplicemente salito in auto e partito senza ascoltarlo. Non ce ne fu bisogno, per fortuna.

La sigaretta che accesi fu la più buona della giornata.




Mia madre aveva scosso la testa a rallentatore per tutta la durata del mio racconto, stravaccata sul suo lato del divano. Quando parlò, la sua voce era esasperata. «Non imparerai mai a riflettere prima di aprire bocca.»

«Non ho filtri.»

«Purtroppo ne sono a conoscenza.»

Jen si aggrappò al mio braccio. «Sei stato avventato.»

«Mi ero rotto i coglioni di sentire le sue cazzate. Melodrammatica? Davvero? Ma per favore!»

Jen e mamma ammutolirono. In quel breve momento di quiete pensai se non avessi davvero esagerato. No, Austin si sarebbe meritato di peggio. Mi ero trattenuto pure troppo con lui, avevo rimosso il filtro decisamente tardi rispetto al mio solito. Mamma avrebbe dovuto essere orgogliosa di me.

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now