15. Irruzione

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Buon Natale!

Mi sentivo uno stupido mentre fissavo il messaggio, con tanto di emoticon di Babbo Natale e alberello decorato, che Jen mi aveva inviato la mattina di Natale.

Non le avevo risposto.

Non il migliore dei comportamenti, ma non auguravo buon Natale nemmeno a mia madre. Sapevo che Jen non poteva averne idea e che non avevo fatto una bella figura con lei, soprattutto perché poi non le avevo più scritto; era per questo che avevo deciso di rimediare anche se non sapessi perché dovessi farlo. E avevo costretto Trey e Kevin a seguirmi.

«Sei sicuro che non la mettiamo nei guai?» domandò Trey, dal sedile posteriore della mia auto.

«Mah, non credo.»

«Partiamo bene.» Kevin poggiò il mento sul palmo della mano e il gomito sulla portiera.

«Disse colui che ha accettato al volo.»

Lui arrossì violentemente. «Voglio solo vederla con i miei occhi!»

«È appena diventata una creatura fatata» ironizzai.

«Non vede l'ora di conoscerla» precisò Trey.

Kevin si sporse sui sedili posteriori. «E tu da che parte stai?»

Trey balbettò, poi scrollò la testa.

La risata mi scoppiò dal petto. Non immaginavo di aver creato aspettative nei miei amici, come se Jen fosse una qualche attrazione esclusiva, ma era ragionevole che volessero conoscere chi mi aveva scombussolato così tanto nelle ultime settimane.

«Eccolo, è quello lì» dissi indicando con il mento il negozio in cui lavorava Jen. Il Chroma Couture. Era in prova, in realtà. Alla fine l'avevano chiamata, dopo il colloquio a cui l'avevo accompagnata, me lo aveva detto poco prima che andassi dai nonni; quello era il suo secondo giorno.

Cavolo, forse non è stata una grande idea.

Ci mancava che non l'assumessero per colpa della nostra irruzione. Non avremmo fatto nulla, comunque. Saremmo entrati come clienti, avremmo fatto un giro facendoci servire da lei e mi sarei scusato per non averle risposto a Natale. In più, le avrei presentato i miei migliori amici.

Proprio un'idea del cazzo.

Quasi fui dispiaciuto, quando trovai parcheggio a pochi metri dal negozio. Kevin aveva uno sguardo vispo, mano nella mano con Trey. E io mi sentivo sempre più un idiota.

Sarebbe bastato risponderle per messaggio.

Certo, ci penso solo ora.

«Non fatemi fare brutta figura, ragazzi.»

«Tranquillo» rispose Kevin, «ci pensi da solo a fare brutta figura.»

«Ah-ah.»

Trey mi dedicò un sorriso imbarazzato e fummo davanti alle vetrine del Chroma Couture. Cercai Jen con un'occhiata veloce, la vidi vicino alla cassa, che parlava con un'altra commessa dal caschetto biondo anni '70. Sembrava a suo agio e la cosa mi scaldava piacevolmente il petto.

«Forza, facciamo ʼsta cazzata» sussurrai, e spinsi la porta.

«Buonasera» ci salutò una terza commessa. Il suo sorriso mostrava una cordialità che di sicuro non provava, dato che mancava mezz'ora alla chiusura e noi avremmo potuto rompere i suoi piani di tornare a casa per tempo.

«Buonasera» rispondemmo in coro.

Osservai Jen, stava ancora chiacchierando, non si era accorta di noi o, perlomeno, che i clienti fossimo noi. Ne approfittai allora per fare un rapido esame del negozio. Si estendeva tutto su un piano, più spazioso di ciò che appariva dall'esterno, ed era un'esplosione di colori. Non esattamente il negozio in cui andavo volentieri a fare shopping, ma, in un certo senso, metteva allegria e un po' di spensieratezza; Kevin aveva già gli occhi a cuoricino.

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now