33. Vuoto

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Non avevo voglia di aprire gli occhi. Anche se li tenevo chiusi vedevo la luce che filtrava dalle tende; ormai doveva essere mattina inoltrata, forse più ora di pranzo che di colazione.

Nell'ultimo mese era diventato raro che mi svegliassi per colazione. Era raro pure che pranzassi, a dire il vero.

Non avevo fame.

Non avevo voglia di mangiare.

Non avevo voglia di fare niente.

Alzarmi dal letto, parlare, vestirmi (indossavo la stessa tuta da una settimana), lavarmi, rispondere ai messaggi dei miei amici, studiare. Andare avanti con la vita. Non poteva andare avanti, se si era fermata a Natale.

Era difficile vivere con un cuore crepato. Era difficile vivere quando il tuo sole era morto. Ero morto con lui, ero morto senza di lui.

Odiavo la morte.

Mi aveva strappato dalle mani il mio futuro, la mia felicità. Mi aveva strappato dall'anima il mio amore. Aveva strappato me. Ero un groviglio di fili sfilacciati, ero buchi e vuoti e voragini.

Ero il nulla.

E non avevo voglia di essere qualcosa.

Non avevo voglia neanche di pensare, ma la mia mente non aveva bisogno del mio permesso per farlo, quindi pensava da sola e io mi ritrovavo a doverci convivere.

Non avevo voglia di conviverci, perché erano pensieri scuri. Tristi. Pesanti. Quelli luminosi, quelli felici e leggeri, erano stati sepolti e non li avrei potuti riesumare. Non esistevano più come la luce che li aveva creati.

Feci un respiro tremolante, che si trasformò in un singhiozzo. Solo uno, gli altri tornarono indietro in qualche modo, forse un singhiozzo del buongiorno.

Che buongiorno di merda.

Mi rigirai nel letto con il cuore in gola e a tentoni cercai il cellulare sul comodino. Il cuore dalla gola sprofondò nello stomaco quando accesi lo schermo e lui mi guardò con una vastità d'amore riservata unicamente a me. Non avrei più rivisto quello sguardo. Non avrei più potuto abbracciarlo come nella foto, non avrei più potuto annusare i suoi capelli alla fragola, baciare le sue labbra al lampone, accarezzare la sua pelle piena di glitter, arrotolare la sua treccina attorno alle dita.

Era tutto un "non più".

Era tutto un niente.

Le notifiche iniziarono ad arrivare una dopo l'altra non appena mi collegai al Wi-Fi. Le ignorai tutte, strisciando il dito verso sinistra. L'ultima però mi saltò agli occhi.

Oggi è il compleanno di Kevin! Fagli sapere che lo stai pensando!

Deglutii un fiotto di nausea.

Non vedevo Kevin e gli altri dal funerale, solo qualche messaggio su WhatsApp. Più loro che miei, a dire il vero. Stephan mi aveva chiesto, nella nostra chat di gruppo, di preparare gli esami insieme, ma l'università era l'ultimo dei miei pensieri, neppure sapevo se ci sarei tornato. La Natura era stata bastarda con me, non mi interessava più di tanto ricominciare a studiarla.

Kevin aveva provato lo stesso approccio, ma poi era stato più discreto e mi aveva scritto in privato.

Come stai?

Come devo stare, Kevin?

Possiamo venire a trovarti?

No.

Warren, non ti fa bene isolarti.

Non voglio nessuno nei miei spazi.

Warren... Vogliamo esserti di supporto.

Come Toccare un FioreWhere stories live. Discover now