17. Universo

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«Basta, mi arrendo» sbottai.

La risata acuta di Rory contribuì al fastidio che gorgogliava nello stomaco.

«È questo il comportamento di un vero maschio?» mi provocò, lasciando il joypad per terra.

«È il comportamento di chi si è sfracellato i coglioni di perdere ogni partita.»

Rory rise più forte, poi si alzò dal divano per spegnere la console e la televisione. L'attimo dopo si era lanciato su di me, la treccina che penzolava accanto al mio viso. «Quanto è permaloso, signorino Evans.»

«E tu che culo grande che hai, signorino Harrison.»

Una scintilla di malizia gli attraversò le pupille, la voce ridotta a un sussurro lascivo. «È per farti godere meglio, amore mio.»

«Cretino.» Mi sforzai di alzare gli occhi al cielo. La verità era che il suono era riverberato fin nelle viscere e mi aveva lasciato senza fiato.

La sua risata si librò per l'ennesima volta. Mi stampò un rapido bacio e mi mollò sul divano, sconfitto ma eccitato.

Gliel'avrei fatta pagare.

Eccome se me la paga.

«Noi ordiniamo cinese.» Kevin spuntò dal corridoio, i ricci scompigliati di chi aveva dormito tutto il pomeriggio, o fatto cosacce con Trey. «Voi cosa fate?»

«Ci arrangiamo» fu la risposta repentina di Rory. Mi scoccò un'occhiata delle sue, una di quelle che prevedeva idea strampalata in arrivo e io sarei stato obbligato ad accontentarlo prima di sentire lamentele da lì fino al Natale successivo.

Kevin sgambettò di nuovo in camera sua.

«Che cos'hai in mente?» domandai incrociando le mani dietro la testa.

Rory si appoggiò allo schienale del divano con gli avambracci, il busto leggermente inclinato verso di me. «Kevin ha scoperto una cosa interessante l'altro giorno.»

«Sarebbe?»

«Se vieni con me te la mostro.»

Eh... Come si resisteva a quel faccino? Rory era in grado di trasformarsi da tigre a gattino nella frazione di un secondo. In quel momento era cento per cento gattino, con l'indice arrotolato attorno alla treccina e il sorriso pieno di aspettative.

Ero io quello obbligato, vero?

«Prima però abbiamo bisogno di cibo.»

Così dicendo si infilò in cucina e io lo seguii aiutandolo a preparare sandwich e insalata di pollo. Prendemmo anche della frutta e sistemammo il tutto in uno zainetto a forma di coniglio. Rory ci aggiunse pure un telo.

«Okay, andiamo.» Dopo un paio di passi, tuttavia, si bloccò. Tornò indietro e tirò fuori dal frigo due birre. «Abbiamo bisogno anche di bere.»

«Facciamo tre.» Ne recuperai un'altra che riposi nello zaino stando attendo a non schiacciare il cibo, poi me lo misi in spalla.

Uscimmo dall'appartamento così, senza neppure che Rory si cambiasse d'abito o che si sistemasse il trucco. Cosa alquanto strana. Poi, quando in ascensore lo vidi pigiare il tasto per l'ultimo piano, i miei dubbi si accentuarono.

«Dove stiamo andando?»

«Aspetta e vedrai.»

Scendemmo dall'ascensore, l'afa di giugno compressa tutta in quel pianerottolo.

Rory mi prese per mano e mi condusse verso le scale di emergenza.

«Ho capito. Vuoi commettere un'infrazione e rigirare tutta la colpa su di me, così mi rinchiudono e ti sbarazzi di me.»

Come Toccare un FioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora