7. Take A Look

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Infilai i miei occhiali da sole, assonnata come mai, e bevvi l'ultimo goccio del mio cappuccino. Camila barcollò lungo il corridoio che divideva l'aereo dall'aeroporto. Io mostrai i miei documenti, guardando se attorno a me ci fosse qualcuno che ci guardava, e poi sorrisi quando ebbi l'okay per entrare. Camminai tra i sedili, in cerca di uno spazio vuoto, ma poi una mano mi afferrò il polso:

"Vieni Lo." La guardai: "Ti ho tenuto il posto."

Annuii, ancora tra il sonno e la veglia, e mi lasciai morire sulla sedia morbida. Guardai Camila, mentre puliva i suoi occhiali da vista, e poi sospirai, chiudendo gli occhi.

"Non preoccuparti, sarà un lungo viaggio" Mi sorrise: "Potrai dormire quanto ti serve."

"Si, hai ragione."

Mi sistemai meglio, togliendo la giacca in pelle che avevo e poi alzandomi, per posarla nella parte alta dedicata alle borse. Chiesi a Camz di passarmi la sua e lei mi ringraziò, sempre col suo fare dolce e semplicemente fantastico.

Poco dopo vedemmo salire le altre, di cui l'unica veramente sveglia era Ally, la più grande, che salterellava all'idea di arrivare in un posto che non aveva mai visto.

Notai che davanti a me avevo un computerino, incastonato nel sedile di fronte al mio, ed afferrai le cuffie apposite per l'ascolto. Giocherellai un po' con quel coso, cercando di capire le sue funzioni; ma quando vidi che non riuscivo a fare un accidenti, volsi lo sguardo verso la ragazza accanto a me, alzando gli occhi al cielo per la stanchezza. Camila mi guardò e si allungò di più verso di me, sfilandomi le cuffie per farsi sentire meglio:

"Si accende da qui" Spinse un bottone: "E puoi ascoltare musica o vedere dei film."

Io non stavo ascoltando cosa mi stesse dicendo, ma la guardavo. La guardavo senza trucco, stanca ma sempre sorridente e mi venne solo da piangere per la gioia. Lì per lì, ripensandoci, mi sembrò una cosa così stupida; ma sentirla così vicina a me, mi faceva commuovere, come se non mi sentissi abbastanza importante per avere quel bellissimo privilegio dell'essere sua amica.

Distolsi lo sguardo dalle sue labbra e seguii il movimento del suo dito sullo schermo, facendo entrare le parole da un orecchio e facendole uscire dall'altro. Lei continuò a parlare e probabilmente potrebbe aver detto qualsiasi cosa, ma io non lo saprei lo stesso, perché ero concentrata ad ammirare la sua bellezza.

"Hai capito?"

Scossi la testa, senza dire niente, e lei sbuffò scherzosamente. Ricominciò a parlare, a volte scostando il suo sguardo pieno di luce su di me, e poi io le sorrisi nuovamente , cominciando a ridere come un'idiota:

"Che hai?" Mi sorrise confusa: "Perché ridi?"

"Non lo so." Ripresi fiato: "Sono felice, tutto qui."

Camila si bagnò le labbra, guardando le mie, e poi sospirò con fare altezzoso mentre io, come sempre, continuavo a ridere:

"Sei felice perché sei accanto a me?"

Mi feci seria, tutto d'un tratto, e ripresi fiato, guardandola per bene negli occhi. Rimasi per qualche secondo in silenzio e poi non esitai, restando seria:

"Si, sono felice per questo."

Camila sorrise, ma in un modo strano. Non era divertita e neanche seria, era lusingata. I suoi occhi si buttarono nei miei, a capofitto, come se con un paio di occhi si potesse leggere l'anima di una persona. Le sue dita, ancora sullo schermo, scivolarono via, cadendo sulla mia gamba coperta e Camila si riprese, improvvisamente, a quel contatto:

"Ops" Ritirò la mano: "Scusami."

Io la guardai, ma non feci in tempo a dire niente, perché Normani spuntò tra i nostri sedili, sbadigliando:

The fault of the moon || CamrenWhere stories live. Discover now