36. Alex

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Ci svegliammo tutte, quando Dinah disse di essere arrivate, e ci spiaccicammo contro i finestrini per ammirare la bellezza di quella città. Sembrava finta, una città di lego, e la prima cosa che disse Camila, per scherzare, fu:

"è una città di carta."

Dissi alla guidatrice di dirigersi verso l'hotel, che avevo cercato poco prima di addormentarmi, e abbracciai la ragazza accanto a me, ancora poggiata sulla mia spalla.

"Metti Union Square sul navigatore, D."

Ally l'aiutò, evitando che la nostra amica staccasse gli occhi dalla strada, ed io abbassai i finestrini, chiedendo a Dinah di spegnere l'aria.

Faceva meno caldo che a Las Vegas e tutte noi sembrammo davvero molto contente di essere lì, insieme.

Nel giro di pochi minuti ci ritrovammo davanti al bellissimo Palace Hotel: uno dei posti più rinomati di San Francisco.

L'albergo, situato in un palazzo rinomato nel quartiere finanziario, era poco distante da Union Square e dal pier 93. Non appena le ragazze si sporsero dai finestrini per ammirarne la grandezza, io aprii lo sportello e scesi, guardandole:

"Allora, donne." Indicai la struttura: "Credo sia ora di esplorare questo posto."

Dinah spense la macchina e staccò le chiavi dalla serratura, mentre le altre erano già fuori. Camila si guardò attorno e poi mi raggiunse, abbracciandomi gentilmente da dietro:

"Sei fantastica."

"Lo so." Scherzai: "Me lo dicono spesso."

Mi diede una piccola botta, allontanandosi poi per prendere il uso zaino dalla macchina. Io mi sfilai la felpa, gettandola nel portabagagli nuovo, e afferrai il trolley enorme che avevo preparato per me e la cubana. Chiusi la macchina, spingendo il tasto alto delle chiavi, e mi diressi all'entrata, dove ci attendeva il facchino con il suo carrello d'oro.

Posai sopra, ringraziando di cuore il giovane ragazzo, e dissi alle altre di fare la stessa cosa mentre io, 'organizzatrice della gita', raggiunsi il bancone della reception:

"Buongiorno signora."

"Salve." Mi tolsi gli occhiali: "Ho prenotato una camera per cinque persone a nome Jauregui per..." Controllai l'ora: "Per stanotte."

"Una sola notte?"

"Si." Annuii: "Per ora si. Ma nel caso in cui decidessimo di restare..."

"Sissignora, è possibile prolungare il soggiorno."

Facemmo tutte le procedure, prendendo numeri e carte d'identità. Ripetei più volte la pronuncia del mio cognome, sotto richiesta della signora, e firmai qualche scartoffia.

"Ecco a lei: buona vacanza."

Sorrisi alla donna, che mi stava porgendo la card, e ne lessi il numero ad alta voce: 2408.

Feci penzolare la carta dal mio dito e la mostrai alle altre facendogli capire come, da una chiave, si capisse l'importanza dell'hotel.

"Staremo tutte nella stessa stanza?"

Annuii, infilando il mio documento nel portafoglio, e guardai Dinah:

"è praticamente un appartamento: sono più stanze ... in una stanza."

Guardai Ally, diventata silenziosa tutto d'un botto, ed alzammo tutte la testa in direzione della sua: i soffitti più alti di tre metri erano ornati da enormi lampadari di cristallo. Mi sentii fuoriposto quando guardai i vestiti eleganti delle donne, degli uomini d'affari, dello staff stesso e, di conseguenza, subito proposi di andare in camera per darci un'immagine almeno normale.

The fault of the moon || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora