71. Welcome

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I nostri nasi si toccavano, le nostre mani erano restate strette per tutta la notte. Camila mi stava guardando negli occhi, con il volto di chi ha appena visto la cosa più bella della sua esistenza, ed io, io che l'amavo così tanto, non avevo fatto altro che chiedermi cosa avessi fatto per essere così fortunata.

La bocca di Camila si sporse in fuori, toccando le mie labbra, e la cubana si tirò sui gomiti per mettersi stesa sopra di me. Mi lasciò tanti piccoli baci, sorridendo dolcemente, e lasciò che la sua testa giacesse sul mio petto:

"Tra poco dobbiamo andare" dissi io carezzandole la schiena: "L'aereo parte tra qualche ora."

"No ti prego." Si mosse sopra di me: "Altri cinque minuti."

Sorrisi, sentendo la sua voce stanca, e le baciai la fronte scoperta dai capelli legati.
Non avevamo dormito affatto: dopo che Stephan era tornato nella sua stanza, io e Camila avevamo passato tutta la notte a letto, ma senza dormire. Avevamo fatto ciò che più ci era mancato: parlare. Avevamo parlato tutta la notte senza mai fermarsi: io, lei e le nostre parole, le nostre idee.
La cosa che amavo più di quella ragazza era la voglia con cui mi rendeva parte della sua vita: sembrava una cosa naturale farne parte: per Camila, la sua famiglia ero io.
Questo mi lusingava, da morire, e mi spingeva a credere che non potessi avere di meglio dalla vita.

"Avanti alzati" la invitai io: "Il tempo è scaduto"

"Altri due minuti mamma!"

Mi alzai, con tutto il peso su di me, e la presi in braccio per evitare che cadesse. Mi baciò tutto il volto, ripetutamente, e, dopo essere scesa dalle mie braccia, corse ad afferrare le sue borse.

Era tutto pronto: stavamo tornando a casa. Ma io avevo paura: paura che Camila non lo volesse davvero. Così, prima di prendere le mie cose, mi toccai gli occhi e la fermai un attimo:

"Sei sicura di volerlo, Camz? Non voglio che tu lo faccia solo per farmi felice."

"Fare cosa?" Sorrise: "Di che parli?"

Sospirai leggermente e la raggiunsi. Le tolsi le borse dalle mani, posandole a terra, e rimasi un secondo in silenzio:

"Sei sicura di voler tornare? Lasciar perdere tutta questa storia con Shawn?"

"Si" annuì lei sicura: "Ne sono certa."

"È una grande possibilità di crescita per te e non vorrei per nulla al mondo sentirmi la causa del tuo abbandono."

Camila mi guardò interdetta: non sapevo come avrebbe reagito. Mi guardò seria, focalizzandosi sui miei occhi verdi, e quando credetti di aver detto qualcosa di sbagliato, lei mi baciò le labbra sorridendo:

"Tu sei la mia grande opportunità nella vita: non Shawn o la canzone. Ho già tutto quello che mi serve: un lavoro fantastico ed una persona che amo."

"Voglio solo che tu sia felice."

"Lo sono." Mi baciò ancora: "E lo sono ancor di più al tuo fianco."

"Ne sei sicura?"

"Sicura, Jauregui."

Era strana la sensazione che provavo: indescrivibile. Immagino, anzi ne sono sicura, fosse la sensazione più bella di sempre: stare al suo fianco mi faceva sentire viva, libera, infinita. Camila era quella via di fuga che avevo da un mondo crudele e costantemente severo: era un altro pianeta, un luogo in cui potevo essere chi volevo. Stare con lei significava esternarmi completamente da tutte quelle cose che ci facevano soffrire: dov'era Camila, la mia sofferenza non esisteva. Dov'ero io, Camila non conosceva la tristezza. E, nonostante fosse una sensazione indescrivibile, era anche la più bella che io avessi mai provato: quando ero con lei, sapevo di avere tutto. Ero completa, realizzata, totalmente assuefatta da una voglia infinita di vivere. Sensazione stupenda, probabilmente infinita, che mi spingeva a credere che, accanto a lei, nulla avrebbe mai potuto distruggermi.

The fault of the moon || CamrenWhere stories live. Discover now