40. Poem

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Quando aprii gli occhi, il giorno dopo, per la stanza non volava nemmeno un sussurro. Camila, che si era stesa nella  seconda , aveva dormito con Normani. Mentre Dinah ad Ally mi avevano lasciato la stanza più lontana dall'ingresso, addormentandosi nel divanoletto della camera d'albergo.

Mi misi seduta sul letto, accorgendomi di avere gli stessi vestiti della sera precedente, e mi legai i capelli scuri sbadigliando alla mia immagine riflessa sullo specchio. Stranamente non avevo poi un brutto aspetto; ma ricordare le cose della notte scorsa, mi fece sussultare leggermente.

Misi entrambe le gambe fuori dal letto e mi sedetti sul bordo, poggiandoci le mani sopra. Sospirai, abbassando lo sguardo verso il tappeto bianco, e poi mi alzai dirigendomi nel bagnetto della camera. Mi lavai e vestii al volo infilandomi una cosa comoda, poi tornai in stanza e mi guardai un'ultima volta allo specchio: stava cambiando tutto quanto.

Quando aprii la porta scorrevole dietro la quale avevo dormito, mi accorsi che già tutte loro erano in piedi. Camminai lentamente, facendo finta di esser interessata a qualcosa sul mio iphone, e poi mi sedetti al tavolo, sospirando un po'. Le cose sullo schermo luminoso erano finite, ed allora alzai lo sguardo augurando il buongiorno a tutte quante:

"Ti ho preparato il caffè"

Guardai Dinah e la ringraziai e, solo allora, potei studiarmi la posizione di ognuna di loro. Guardai Normani, seduta sul letto, Ally, che imprecava contro la macchinetta del caffè, Dinah, che era seduta davanti a me e poi... poi alzai il viso verso Camila, che era seduta sulla base della cucina e sospirava, sorseggiando il suo cappuccino.

Lì per lì avrei voluto dirle qualcosa: ma stavolta non ero io a doversi scusare con le altre. Quindi mi alzai ed uscii fuori, sul balcone, sedendomi su una delle morbide sedie offerte dal Palace Hotel.

Mi stupivo di come le cose riuscissero a scivolarle addosso: sembrava quasi sollevata all'idea di non dovermi avere più tra i piedi. Sarebbe andata così fino all'infinito, fino a quando non avessi deciso di chi altro innamorarmi. Il bello fu che io non avevo scelto Camila: era stato il mio cuore a scegliere per me. C'erano tante cose che odiavo di lei, eppure erano quelle che mi piacevano di più: la Camila-persona, quel giorno, mi sembrò non esistere più.

"Posso?"

Annuii, senza girarmi verso di lei, e continuai a guardare dritto davanti a me:

"So che hai visto Brad ieri."

Per un attimo mi si sciolse il cuore: a differenza di come speravo, non era Camila a parlarmi: era Dinah.

"Si, è vero." Sospirai: "L'ho visto al Golden Gate Bridge."

"Sa di Camila?"

"Si, lo sa."

Si mise vicino a me, guardando nella mia stessa direzione, e poi i suoi occhi andarono, invano, cercando i miei:

"Voglio che tu sappia che io farò di tutto pur di aiutarti, Lauren."

"No." Scossi la testa: "Non è possibile. Non ho intenzione di mettere nessuno contro o a favore mio. La questione si è chiusa ieri sera: per me, Camila, non esiste più."

"Non puoi dire così: passerai del tempo con lei ogni giorno, sei costretta a parlarci, a lavorarci..."

"Lo so, ma passare del tempo con lei è una cosa ben diversa dal lavorare: lavoreremo, e nient'altro."

Dinah schioccò la lingua e poi sbuffò, abbassando la testa verso terra:

"Non è così che doveva andare."

The fault of the moon || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora