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Mi guardo le scarpe mentre la segretaria batte al computer qualche comunicazione, mentre gli studenti sono già tutti usciti.

Sedevo su questa stessa identica sedia più di tre anni fa. Era settembre. Sanne era stata appena presa di mira da un gruppetto di bulli e si era seduta a fianco a me. Connor era uscito dalla presidenza insieme a suo padre, i loro pensieri focalizzati sul campionato e sul nuovo allenatore, il signor Burnes. Isabelle si era precipitata da lui con i suoi capelli ossigenati arricciati alla perfezione. Poi aveva voltato lo sguardo e aveva incrociato il mio. Era cominciato tutto così. Avevo fatto la mia comparsa nel luogo dal quale ero scappata.

E adesso eccomi qua di nuovo. In attesa che quella porta si apra e lasci al preside Gordon l'occasione di spiegare che cosa voglia da me.

«Signorina Anderson?» La porta si spalanca, il preside nel suo completo serioso mi lancia un sorriso. «Prego.»

Lo seguo dentro il suo ufficio. Ci accomodiamo entrambi e passa qualche secondo di silenzio.

«Mi fa molto piacere rivederti, Rachel» dice il preside passando a un tono più formale.

«Vorrei poter dire lo stesso, ma purtroppo è difficile, signore» rispondo mantenendo le distanze.

«Come stai? Coma ti trovi al college? Che cosa stai facendo della tua vita?» Mi offre una ciotola di cioccolatini ma rifiuto.

«Va bene. La mia media è alta, sono molto concentrata sullo studio. Lavoro per il giornale e mi piace molto», riassumo in pillole.

Si stringe le mani e assume un'espressione contrita. «Ti starai domandando perché io ti abbia fatta chiamare», comincia a dire.

«Se è qualcosa che riguarda Connor, la mia risposta è no. Non parteciperò a nessun evento organizzato in sua memoria», metto le mani avanti. Ammetto che questa è l'unica idea che mi è venuta in mente per giustificare la convocazione.

«Niente del genere», m'interrompe. «Quest'anno l'istituto vuole organizzare un incontro per i ragazzi più grandi, una specie di orientamento. Le domande per il college sono già state ampiamente inviate, molti stanno già attendendo risposta. Vorremmo far loro incontrare ex alunni che negli anni si sono diplomati presso la nostra scuola per far capire loro come sia realmente il mondo fuori dall'ambiente scolastico. Ho pensato di chiedere a te.»

«E cosa dovrei fare?»

«Spiegare loro cosa vuol dire frequentare il college. Rispondere alle loro domande.»

«Capisco.»

Non me lo aspettavo.

«Va bene», dico infine.

«Ottimo», sorride Gordon. «L'evento si terrà dopo le vacanze di Natale, ma sarai preventivamente informata dalla segretaria», dice giulivo.

Quando ci congediamo e torno in macchina, mi sembra di essermi tolta un grande peso. Potrei passare da papà, oppure tornarmene al dormitorio. Invece guido lentamente fino alla villa dei Brown e parcheggio dall'altro lato della strada. Rimango in macchina per un tempo infinito a fissare la luce che filtra dalle finestre. Poi scendo e suono il campanello.

«Salve», mi saluta Muriel, la domestica.

«Salve», saluto a mia volta.

«Rachel?» mi riconosce e viene verso di me camminando spedita sul vialetto. «Che ci fai qui?»

«Passavo da queste parti», rispondo alzando le spalle. Lei mi accarezza il viso con una mano rugosa. «Posso vedere il signor Brown?»

«Il signor Brown?» ripete lei.

«Sì. Vorrei solo salutarlo, vedere come sta.»

«Tesoro, Dickon Brown se n'è andato un sacco di tempo fa», spiega.

Sgrano gli occhi colta di sorpresa.

«Oh non in quel senso», si corregge prontamente. «Intendevo dire che ha lasciato questa casa e si è trasferito dopo la morte del ragazzo.»

«E voi?»

«Noi teniamo in ordine per le rare volte in cui torna.»

Quindi il signor Brown ha lasciato la città. Mi domando se il dolore di vivere in una casa piena di ricordi sia stato troppo difficile da sopportare.

Saluto Muriel e vado via. 

BETWEEN (The Again Serie #3)Where stories live. Discover now