51

1K 85 14
                                    

«Ottimo lavoro», dico a Cody passandogli il plico di fogli.Mi alzo dalla scrivania ed esco dall'ufficio. «Ho bisogno che l'articolo per il compleanno del rettore sia editato. Dallo a Cameron, saprà fare un buon lavoro.»Lui annuisce e continua a seguirmi. «Sei di fretta?» mi chiede.«Devo andare a prendere mio nonno», spiego infilando la giacca.«Gli articoli di stamattina vanno impaginati, entro sera vedo di passare e controllare prima di mandare in stampa», faccio il punto della situazione. «Ricorda per piacere ai ragazzi della riunione di domani mattina. Ho bisogno di organizzare il lavoro per i giorni di assenza.»Poi imbocco la porta ed esco. La prossima settimana sarà il compleanno di Zack e ho deciso di prendermi qualche giorno per andare da lui a Stanford. La cosa mi è sembrata entusiasmarlo molto e ne sono felice, i giorni insieme sono sempre un piccolo regalo.Quando arrivo alla Clinica per la riabilitazione neuromotoria, mi fiondo in reparto sicura di ricordarmi la strada. Quando nonno mi vede, s'illumina. «Rachel!» dice. Sta camminando senza bastone anche se con difficoltà. «Fai progressi», sorrido.«Mi sento ringiovanito di dieci anni», commenta lui.Aspetto che si cambi e sia pronto per andare a casa e ne approfitto per raggiungere gli uffici. Voglio ringraziare personalmente il direttore.«Signor Heisenstoff?» domando bussando a una porta mezza aperta.Un signore con i capelli bianchi e gli occhi calati sul naso, solleva lo sguardo e mi fissa.«Salve, sono Rachel Anderson, la nipote di Edward», mi presento entrando senza invito.Per un attimo sembra confuso, poi mi mette a fuoco. «Signorina Anderson, è un piacere.»«Ci tenevo a ringraziarla personalmente per aver accettato mio nonno tra i vostri pazienti. I suoi progressi sono incredibili.»«Vedrà che miglioramenti. Posso vantarmi di aver ridato la vita a un sacco di gente», dice orgoglioso.«Le credo, signore», annuisco.Poi il mio sguardo si sposta ed è allora che la vedo: una fotografia tra le decine appese alla parete. Mi avvicino trattenendo il fiato, quasi fossi davanti a un'apparizione. Mi tremano le gambe e un malessere sordo mi coglie alla bocca dello stomaco. Tre persone, due infermieri e un ragazzo. Lo sorreggono per le braccia, ma l'espressione determinata di uno che sta riuscendo a superare i propri limiti, dà a lui una bellezza sconvolgente.«Connor?» bisbiglio sentendomi una stupida.«Tengo molto a quelle foto», sento la voce del professore. «Tutti i casi più delicati, quelli più difficili, sfuggenti, finiscono lì a ricordarmi ogni giorno che sono nel posto giusto.»«Lui chi è?» domando senza riuscire a staccare gli occhi da quei pozzi scuri che ricordo ancora molto bene.«Quel ragazzo è arrivato da noi in condizioni disperate», sospira. «Lo abbiamo riacciuffato per il rotto della cuffia, ho messo a sua disposizione la mia migliore equipe e hanno fatto un lavoro magistrale.»«Chi è?» ripeto inebetita.Un nome. Mi serve un nome dannazione.«Si chiama Connor, è rimasto qui parecchi mesi. Difficile all'inizio chiedergli di collaborare, ma la sua ripresa non ha precedenti.»Ma io non sto già più ascoltando. Mi accascio su una sedia con la testa tra le mani, il respiro affannoso e la vista annebbiata. Mi manca l'aria, sento la gola stretta e fatico a respirare. Mi guardo attorno alla ricerca di una salvezza, ma mi sento affogare.«Signorina?»La voce spaventata del professore mi arriva da lontanissimo. Finisco per terra e sbatto un ginocchio. Mi porto le mani al petto convinta che stia per venirmi un infarto. Sento delle mani afferrarmi, sorreggermi e trasportarmi fino a una stanzetta dove sono adagiata su un lettino. Una puntura al braccio mi avvisa che mi hanno fatto una flebo e poco dopo sento il mio corpo rilassarsi. Mi sento leggera e confusa, suoni e rumori spariti.Quando riapro gli occhi, la verità mi piomba addosso come un fulmine.«Connor!» grido.«Come si sente?» mi chiede il professor Heisenstoff seduto poco più in là.Mi alzo di slancio ignorando il giramento di testa. «Professore ho bisogno di sapere una cosa», esclamo. Penserà che sia una pazza furiosa.«Quel ragazzo, quello della foto», dico, «si chiama Connor Brown, me lo conferma?»«Sì», dice lui. «Lo conosce?»«Lo conoscevo», dico. «Quando andavo al liceo, Connor Brown ha avuto un incidente stradale ed è morto ore dopo in ospedale», riassumo sentendo di nuovo il cuore pulsarmi nelle tempie.«Se stiamo parlando dello stesso ragazzo, le confermo che è vivo e vegeto.»

BETWEEN (The Again Serie #3)Where stories live. Discover now