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Siamo arrivati a Miami da un'oretta circa, mi era mancata.
Il clima qui è completamente diverso, si sente che è estate. I raggi del sole scendono a picco sull'asfalto, rendendo l'aria pesante, afosa.

Stiamo raggiungendo l'hotel, non appena varchiamo la porta d'ingresso veniamo travolti dall'aria fresca del condizionatore.
Non perdo tempo e mi dirigo verso la reception dove c'è una graziosa signorina in una camicetta bianca attillata che metteva in evidenza il suo seno.
Ci sarà parecchio da osservare in questa settimana.

"Buon pomeriggio" saluta cordialmente.

Non c'è bisogno di aggiungere altro, sa già chi sono e mi porge la scheda della suite.
Avevo lasciato Meredith all'entrata con le valigie, torno da lei e noto con piacere che si sta guardando intorno meravigliata.

"Lasciamole qui, ci penseranno poi loro" dico alludendo alle valigie.

Le poso una mano sulla schiena e la spingo gentilmente verso l'ascensore. Arriviamo al nostro piano e dopo aver percorso un lungo corridoio troviamo la nostra stanza.
Avvicino la carta al lato della porta, dove è posizionato ciò che ci permetterà di aprirla. Meredith mi blocca il braccio.

"Posso farlo io? Ho sempre desiderato farlo" dice emozionata.

Rido per la sua felicità infantile e le lascio la carta che prontamente fa strisciare. La porta si apre e lei è la prima ad entrare.
Io faccio tutto con più calma, la vedo correre da una stanza all'altra.

"Sembra un appartamento" urla sorridente tornando all'ingresso principale.

In pochi secondi me la ritrovo attaccata al mio corpo, con le braccia che mi circondano il collo. Mi si riempie il cuore di gioia nel vederla così felice.

Passammo il resto della giornata in suite, saremmo usciti verso sera. Ero stanchissimo e volevo riposarmi ma Meredith me lo stava impedendo.
Ero in uno stato di dormiveglia, il braccio che tenevo posato sulla mia fronte si era addormentato e sentivo dei formicolii sparsi per tutto l'avambraccio.

"Domani dobbiamo assolutamente andare a South Beach!" esclama entusiasta. Mugolo per  farle capire che va bene, ci andremo, ma che ora ho bisogno di riposare.

"Sai che quella spiaggia è lunga  35 miglia e va da South Beach a Sunny Isles?" mi informa leggendo il libricino che teneva in mano.
Era uno di quei libri turistici. Sospiro e sto per chiederle in maniera gentile se può starsi qualche secondo zitta.
Non è una ragazza di molte parole ed è sempre un piacere sentirla chiacchierare, ma non in questo momento. Sto davvero morendo di sonno.

"Niall!" mi scuote il braccio e spalanco gli occhi di colpo, spaventato dal suo gesto inatteso.

"A Downtown c'è un museo di arte moderna, il Museum of fine Arts! Si trova a Flager Street e dobbiamo assolutamente andarci. Io amo l'arte!"

Mugolo di nuovo e mi giro a pancia in giù. Infilo le braccia sotto il cuscino.

"Med stai un po' zitta"

Il mio tono di voce è uscito più acido di quanto mi aspettassi. Apro gli occhi per vedere la sua espressione ma la trovo sorridere davanti a quelle pagine. Neanche mi avrà sentito.
Con un sospiro alzo il busto, le prendo quel libricino dalle mani e lo poso sul comodino, dal mio lato del letto.

"Riposiamoci, questa sera sicuramente faremo tardi, qui si vive anche di notte" la informo sperando di farla calmare.
Sembro un padre alle prese con la propria figlia.

"Non sono stanca"

"Io si, ma conviene che chiudi un po' gli occhi, dammi retta"

Torno alla posizione precedente, poco dopo sento il materasso muoversi e capisco che sta seguendo il mio consiglio.
Un piccolo sorriso si fa spazio sulle mie labbra, soddisfatto.
Sto per addormentarmi quando sento di nuovo il materasso muoversi.
Ancora.
Ancora.
E ancora.
Di nuovo il materasso che si muove.
Ancora una volta.
E di nuovo.

Belong; njh Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora