capitolo 24

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Capitolo 24

TYLER

Incontrai il mio viso tumefatto e lievemente gonfio sullo zigomo allo specchio, portai una mano sulla pelle pesta, tra il violaceo e un giallo malsano, poi premetti le dita con forza. Dolore ... un dolore sopportabile ma pressante che si irradiava per tutto l'osso. Avevo bisogno di quel dolore, dovevo aggrapparmi a quella sensazione e non cedere agli impulsi del momento.

Lui non era in casa, lo sentivo dall'aria che si respirava, scesi in cucina e mia madre era lì, tra le mani reggeva un bicchierino pieno fino all'orlo e l'odore del cognac che usava per preparare alcuni dolci riempiva l'intera stanza. Quando mi notò i suoi occhi assenti tornarono a vedere, provò a sorridere ma tutto ciò che emerse dal suo viso pallido e tirato fu un tentativo fallimentare.

- Quello è per le crepes. - dissi a mo' di saluto svuotando il bicchiere ricolmo nel lavabo – non dargli ulteriori motivi per prendersela anche con voi. -

- Lui non c'è. E' andato ad una battuta di caccia con Compton ... ho incontrato sua moglie mentre facevo la spesa, è stata lei a dirmelo credendo che io lo sapessi. Starà via tre giorni. -

- Il punto non è quanto starà via, ma che purtroppo tornerà. - dissi, sorridendo – non fissarmi in quel modo, ho preso pugni peggiori di questo. - mi voltai dall'altra parte, sapevo che quello spettacolo doveva farle molto male. Si sentiva in colpa per averlo portato nelle nostre vite, lo ripeteva spesso davanti a Rachel e me, come se quelle parole potessero rendere la sua presenza in questa casa meno opprimente, come se continuare a ripetere il proprio dispiacere potesse cambiare qualcosa.

- Credevo che avremmo potuto aspettare la fine della scuola, ma dodici mesi sono troppi. Non ti aveva mai colpito così prima di adesso ... dobbiamo andare ... abbiamo tre giorni di tempo per organizzarci e cercare dove stare. -

Ed ecco che ricominciava con la solita storia trita e ritrita. Sbuffai, lasciando perdere il caffè che stavo bevendo e la guardai dritta negli occhi – Cosa stai dicendo? Non abbiamo un posto dove stare, mamma. -

- I-io metterò qualche soldo da parte ... -

- Lo sai anche tu che lui se ne accorgerebbe. - dissi, stizzito. Anch'io avevo dei soldi da parte, ma non era così che doveva andare. Non saremmo stati noi ad abbandonare quella casa.

- Questa volta ha oltrepassato il limite, Ty. Guarda cosa ti ha fatto! - era in lacrime, lasciai che riempisse il suo dannato bicchiere di cognac stavolta e glielo vidi mandare giù in due veloci sorsate. Per poco non vomitò, era uno spettacolo penoso.

- Mamma, ascoltami ... anche se fuggissimo lui ci troverebbe e dopo di che ti farebbe causa. Probabilmente verresti arrestata e giudicata colpevole per sequestro di minori. Tu finiresti in carcere, noi passeremmo sotto la sua tutela ... dimmi un po' che cazzo avremmo risolto a quel punto! - non aspettai una sua risposta, sapeva anche lei che avevo ragione. Doveva esserci un altro modo per liberarci di Luis ed io l'avrei trovato.

- Intanto ho preso l'appuntamento per la rimozione del tatuaggio ... - disse dopo un lungo silenzio carico di emozione – dopodomani alle quindici. -

- Ok. Dov'è Rachel? -

- In camera sua ... ha visite. -

Visite? Alle dieci del mattino? Salii le scale, mi sentivo irrequieto. Quel tatuaggio non era un semplice disegno scaricato da internet e fatto in un momento di noia o euforia, quel tatuaggio era stato disegnato da Caleb ... l'avevo ritrovato una notte di due anni fa, giaceva ormai dimenticato dentro alcuni scatoloni pieni di libri e quaderni che gli erano appartenuti. Caleb non era nato per fare la guerra, era sempre stato troppo sensibile e introverso, un artista che aveva dovuto mettere da parte le proprie passioni e la propria identità per assecondare il volere di Luis. Era stato trasformato in un soldatino perfetto, ma quel disegno ... quel disegno esprimeva il suo vero io. Quel ragazzo innamorato della bellezza, che avrebbe preferito di gran lunga creare qualcosa piuttosto che distruggerla.

The WayrightWhere stories live. Discover now