capitolo 45

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SETH

Quando lasciai casa mia era tardo pomeriggio, mi sentivo abbastanza bene da camminare e prendere la metro, volevo andare al pub, per fare un saluto a Byron e fargli sapere che ero pronto a rientrare. Se lo fossi davvero ero un altro discorso ma era importante che almeno il mio corpo fosse impegnato in attività diverse che mi aiutassero a non pensarci più di tanto. Per un po' mi abbandonai al ricordo di qualche momento prima e mi venne da sorridere, finalmente Wes e Kevin avevano ceduto, ognuno aveva abbandonato il proprio status di superiorità rispetto all'altro. Era strano come le persone si attraevano l'uno all'altra, a volte bastava uno sguardo o il semplice sfiorarsi di una mano e restavano prigioniere, legate come anime che si tormentano a vicenda. Ed era così dannatamente doloroso staccarsi dopo, così frustrante.

Quando arrivai al Celtic Druits mancava poco all'apertura per i clienti, mi intrufolai silenzioso, il posto aveva ancora il profumo del detergente che usavamo per ripulire i tavoli, un odore delicato che sarebbe sparito presto, coperto dalle sigarette e gli alcolici. Vidi dietro il bancone Byron intento a spiegare qualcosa a Roxy, la sua pazienza sembrava stare per raggiungere il limite.

- Sul serio fai attenzione la prossima volta o mi incasini gli ordini! – le disse con poca speranza nella voce.

Poi si voltò verso la mia direzione spazientito ed incrociò la mia figura, un enorme sorriso apparve sul suo volto stanco. Uscì dalla postazione dietro il bar e mi corse incontro, anche Roxy era piena di gioia. L'abbraccio di Byron fu più caloroso del previsto.

- Seth!!! Mio dio sei in piedi! – aveva una stratta mortale.

- By! Ti prego mi uccidi così – dissi a fatica, allora mi lasciò andare.

- Scusa ... cavolo non sai che spavento Seth! – mormorò davvero preoccupato.

- Ora sto bene! –

- Sono felice anche io – disse Roxy dandomi un bacio sulla guancia – Byron è un capo insopportabile! – esclamò prima di andare a riordinare altre bottiglie.

Quello sbuffò sonoramente, quei due avevano bisogno di una pausa. Così mi voltai di nuovo verso di lui con un mezzo sorriso.

- Sono venuto a dirti che posso riprendere quando vuoi, mi sento bene adesso – gli comunicai – posso riprendere i miei turni anche da domani –

Lui non parve convinto – ne sei certo? Insomma, non vuoi qualche altro giorno ... -

Dal tono capii a cosa si stava riferendo e restai in silenzio, non mi sforzai neanche di giustificarmi o di dirgli che andava tutto bene, restai semplicemente in silenzio.

- Seth ... - parve sul punto di dire qualcosa ma poi vide i primi clienti – ascolta, intanto resta qui adesso, sei tornato, stai bene e si festeggia alla chiusura! –

Alzai le mani in segno di resa – mi trovo un tavolo. –

Quando mi voltai non potei non notarlo, quel tavolo, il suo tavolo, osservai un gruppo di ragazzi andare proprio in quella direzione, no ... pregai dentro di me, non lì per favore. Ma loro non poterono ascoltare la mia muta richiesta ed occuparono quel posto così importante. Nessuno lo sa Seth, mi dissi, del tuo dolore, della tua perdita al mondo non interessa. Mi sedetti in silenzio a quel punto, giusto in direzione di quell'angolo mentre la mia mente era già vertiginosamente tornata a quel ricordo senza che io potessi fare niente per impedirlo, quel nostro primo incontro.

Era una serata come le altre, anzi era una serata peggiore delle altre, ero tremendamente di mal umore e lo davo a vedere senza che mi importasse di quello che potessero pensare i clienti. Quello sconosciuto era entrato da solo e si era accomodato in silenzio guardandosi intorno circospetto, come se aspettasse qualcuno. Io mi diressi al suo tavolo con disappunto, pensando solo a quanto mi restasse prima di chiudere quella serata di merda.

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