Delirio.

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1 ottobre 2015

Cominciavo a ricordare, quel sogno non poteva essere casuale, o il semplice frutto della mia immaginazione, pensavo in continuazione che sarebbe potuto essere uno scorcio della mia infanzia, sepolto, nascosto, chiuso, nelle parti più isolate ed oscure della mia memoria, chiedendomi a cosa potesse essere collegato.

Decisi di uscire, l'aria si stava facendo viziata e pesante all'interno di quella casa vuota a causa dei troppi pensieri che galleggiavano nell'atmosfera, disordinati e confusi. Optai per una passeggiata al porto, sentire le onde sbattere contro il pontile e gli schizzi salati sul parapetto mi rilassava. E avevo davvero bisogno di tranquillità per potermi schiarire le idee.

Era una giornata cupa, il cielo pareva tetro e inquietante.

C'era il luna park al porto, ma poca gente, mi ricordò un vecchio film horror degli anni venti. Camminando su quelle vecchie assi di legno pensai a quanto fossero inutili quei baracconi: erano sempre gli stessi, sempre lì, tutto l'anno. Promettevano premi che non avresti mai ottenuto, e tu sapendolo, credevi di essere furbo e fottere quei mangiasoldi fallendo miseramente.

L'immaginai come una metafora della mia nuova vita: ero davvero convinta che sarei riuscita a recuperare la memoria e fottere chiunque mi avesse portato a quel punto? Come potevo affrontare la realtà senza uscirne distrutta?

Se il mio corpo aveva deciso di cancellare il ricordo dell'accaduto cominciavo a pensare che non fosse una buona idea scavare in un passato che mi aveva provocato tanto dolore da dovermi costringere a ricominciare. E chi o cosa mi avrebbe assicurato che chiunque ci fosse dietro la mia amnesia, non potesse provocarmi nuovamente una perdita della memoria?

Continuavo a sentirmi perseguitata, osservata. Rincorrevo un passato sfuggevole e confuso, più simile ad un'ombra nella nebbia piuttosto che una figura che lentamente si definiva.

Ma ero anche stanca di correre, non sapevo chi o cosa fosse responsabile della mia situazione, non avevo nulla eccetto un misero sogno. Ma la paura mi spingeva a voler conoscere la causa di tutto quel dolore, portandomi a chiedere se avessi avuto amici, un fidanzato, e nel caso, perchè nessuno si si era fatto avanti dopo il mio ritorno. L'unica persona che ricordavo era mia madre, ma riuscivo a mettere insieme solo poche immagini sparse di lei.

Mi spostai dirigendomi verso il parapetto. Schizzi salati mi bagnarono il viso.

Osservando l'immensità dell'oceano mi sentii per pochi attimi finalmente libera, chiusi gli occhi lasciando che il rumore delle onde mi tranquillizzasse. Avrei voluto con tutta me stessa gettarmi in quelle acque scure per porre finalmente fine alla mia sofferenza, liberarmi dal peso di una vita non mia, lasciare che il fato rimescolasse le carte nella speranza di ottenere una felicità che pensavo irraggiungibile. Ma qualcosa mi fermò nell'attimo prima che compissi l'atto.

Repulisti - La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora