Flashback (I parte)

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L'acqua tiepida mi inumidì i capelli scorrendo fra di essi come un fiume in piena. Lo scroscio ininterrotto e il picchiettio ritmato sul fondo della vasca mi riportò al passato, mentre il fondo di ceramica si tingeva di scuro.

Agosto 2015

Pioveva, ma ciò mi affascinava. Non vedevo la pioggia da un'eternità.

Era una notte senza stelle, uggiosa, bagnaticcia... Mi piaceva da morire.

Valerian teneva stretto fra le dita il volante della sua BMW, mentre ci dirigevamo verso un luogo sicuro lungo le strade deserte di una città sconosciuta.

I tergicristalli spazzavano via l'acqua dal parabrezza, come il tempo aveva fatto con la mia memoria, ma in quel momento non mi importava: ero finalmente libera.

Poter respirare l'aria fuori da quella sottospecie di bunker mi sembrava surreale, quasi un sogno.

Dopo un periodo di tempo pressoché infinito Valerian fermò l'auto bruscamente, per poi aiutarmi a scendere con cautela e accompagnarmi frettolosamente davanti al grosso edificio che si stagliava dinnanzi a noi.

La pioggia fresca sulla pelle era una sensazione nuova e rigenerante, vi scorreva liberamente donandogli nuova vita, giovinezza.

Mi consegnò un registratore portatile raccomandandomi di farlo sentire ad un agente senza però dire una parola su dove l'avessi preso, dopodiché, in seguito ad un lungo abbraccio, si dileguò lasciandomi interdetta e confusa sulla porta del comando di polizia.

Fu così che venni scaraventata nel mondo senza un minimo preavviso, mi sentivo completamente persa e sola: l'euforia iniziale si era trasformata in confusione che divenne presto panico.

Quasi nello stesso istante in cui Valerian scomparve nel buio della notte, un uomo in divisa uscì nel porticato con l'intenzione di accendersi una sigaretta; mi lanciò così un'occhiata distratta per poi realizzare il mio stato qualche secondo dopo, lasciando che la sua dipendenza cadesse sul terreno bagnato, mi posò la sua giacca sulle spalle senza dire una parola e subito mi scortò dentro preoccupato.

L'odore dell'inchiostro dominava, misto a quello del caffè istantaneo.

Alcuni agenti andavano e venivano confusionari fra le scrivanie, altri discutevano davanti delle grosse lavagne colme di scritte, altri ancora chiacchieravano tranquilli accanto a una macchinetta del caffè automatica.

Il sangue asciutto mi tirava la pelle, ed era doloroso camminare a piedi scalzi su quel pavimento gelido: ad ogni passo perdevo la sensibilità ai piedi mentre le gambe formicolavano e tremavano un poco, pronte a cedere da un momento all'altro.

Sentivo i crampi al ventre come dozzine di coltelli roventi che penetravano sempre più a fondo nella carne ad ogni movimento.

Rivoli di sangue fresco mi inumidivano lentamente le cosce, mentre le tempie pulsavano sempre più forte come il timer di una bomba pronta ad esplodere.

Mi strinsi addosso la giacca dell'agente per coprirmi il più possibile la pelle nuda e sfregiata.

Fui portata in una piccola sala d'attesa e in seguito accolta in quella per gli interrogatori.

Consegnai la registrazione: seguirono parecchie domande a cui non seppi dare risposta. Poco dopo un ragazzo rossiccio irruppe nella stanza abbracciandomi distinto, senza nemmeno fermarsi un secondo a guardarmi, ma non percepii il nostro contatto, e non ebbi nemmeno la certezza che ciò fosse accaduto: come sotto l'effetto di una qualche droga allucinogena.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now