Sincerità

73 8 4
                                    

Ero crollata nuovamente nel baratro del buio. Non sapevo più cosa fosse reale, in che cosa credere o se quello che sapevo fosse vero.

Henry mi guardava con aria afflitta comprendendo la mia confusione.

"Che cosa ti tormenta?" Chiese offrendomi un'aiuto, una spalla a cui appoggiarmi e magari addirittura un fiammifero per illuminare un minimo lungo gli scaffali impolverati di quella mia stramaledetta mente.

"Sono confusa..." sussurrai, scuotendo il capo con lo sguardo rivolto al pavimento.

"Raccontami, sono qui per te." Sollevai la testa notando con un pizzico di sorpresa che si era accomodato nuovamente accanto a me.

I miei occhi passarono dalla sua figura al comodino al mio fianco, sul quale notai un particolare curioso: una fotografia ritraeva una ragazza di piccola statura che sfoggiava un sorriso smagliante, accompagnato da un paio di raggianti occhi grigi e una lunga chioma bionda. Un paio di braccia maschili le avvolgevano la vita morbidamente, dedussi appartenessero al ragazzo dietro di lei: alto, e dall'aspetto di uno che trascorrerebbe giornate intere in una biblioteca, anche le sue labbra erano tirate in un sorriso.

Quell'immagine, scattata al momento perfetto, mi scaturì un sentimento nuovo.

Sentii il cuore ammorbidirsi, quasi sciogliersi.

Riconobbi gli occhi, le labbra, il cipiglio disordinato, ricollegando quella ragazza a me: un'altra me. La cosa che faceva più male però, non era il fatto che non riuscissi a ricordare ma che non mi riconoscessi in quella persona.

Henry si accorse del mio improvviso interesse per la piccola immagine e decise di darmi una parvenza di ricordo.

"Risale a fin troppo tempo fa..." affermò con malinconia; percepii il male che gli fece il fatto che non ricordassi "Eravamo a Parigi" continuò avvicinandosi al mobile, per poi prendere in mano l'oggetto come se fosse la cosa più preziosa al mondo "Quel giorno era l'unico in cui spuntò il sole, il resto della vacanza piovve, ma ciò non influì particolarmente. Sinceramente sarebbe pure potuto crollare il mondo che io avrei amato lo stesso quella gita" accennò ad un timido sorriso mentre guardava l'immagine "Avevo appena concluso gli studi universitari, e siamo partiti con alcuni amici" continuò senza voltarsi "Quel giorno credo sia stato il migliore di tutta la mia vita. Eravamo sulla Senna e nonostante ci fosse un bel sole nel cielo un'aria gelida ci aveva costretto a coprirci come siberiani, avevo chiesto a Madison, un'amica del gruppo, di farci una foto: al tempo ancora non ci frequentavamo io e te. Lei accettò volentieri chiedendoci di fare pose strane, tu provasti ad obbedire ma io ti sussurrai all'orecchio una delle mie battute stupide e scoppiasti in una fragorosa risata..." gli morirono le parole in gola "Cominciammo a ridere come matti nel preciso momento in cui la Polaroid scattò. Ed eri così bella, così dannatamente felice tra le mie braccia, che dal preciso momento in cui la piccola fotografia prese colore e vidi l'immagine, il mio cuore perse un battito. Sentii un morbido calore espandersi nel petto: mi ero perdutamente innamorato di te. Persino ora, quando ti guardo non riesco a non vedere la ragazza che amo, so che è nascosta lì, nella nebbia che adesso ti occupa la mente." Concluse posando poi la fotografia sul comodino e tornando al mio fianco.

"Sapresti dirmi qualcosa riguardo un certo Jason?" gli chiesi di punto in bianco. Lui si irrigidì.

"Perché, ti ha cercata? Cosa ti ha detto?" rispose cominciando ad agitarsi.

"È il mio avvocato, ma non mi fido di lui, lo conosci?"

"No, sfortunatamente non ho avuto il piacere... Stai dicendo che per tutto questo tempo ti è stato vicino? Sapevo che c'entrava qualcosa..." disse scribacchiando su un foglietto.

"C'entrava con cosa?"

"Con la tua scomparsa... Ascolta, è una storia lunga, io e tuo padre in tutto questo tempo abbiamo indagato, quando sei ricomparsa tua madre ha fatto emanare un ordine restrittivo per impedirci di vederti, così abbiamo cercato di capire più a fondo cosa ti fosse successo. Se necessario sono disposto a rinunciare a te, ma non posso permettere che i colpevoli la facciano franca."

Ricordai ciò che aveva detto Jason la notte della fuga: "...io non voglio finire in prigione..." Tutto quindi prendeva una piega diversa. Mi tornarono in mente le parole di Adrian e l'auto in fiamme. C'era qualcosa di losco sotto, Henry aveva ragione.

"Posso fidarmi di te?"

Vidi il suo sguardo farsi più profondo.

Mi prese il mento fra due dita con delicatezza.

"Potrai sempre fidarti di me." La sua fermezza mi stupì. D'un tratto scorsi nuovamente il tatuaggio da sotto la maglietta.

"Che significato ha il nostro tatuaggio?" Più domande gli facevo, più lo mettevo alla prova: se mentiva sarebbe crollato presto.

"È una peonia, rappresenta il legame fra noi due. Il suo significato è legato all'immortalità, l'amore, la bontà d'animo e la prosperità. È azzurro perché è un colore che trasmette armonia, creatività e pacatezza. Tutto questo rispecchiava il nostro rapporto, solo insieme riuscivamo ad completarci, diventando armoniosi e creativi." Concluse accarezzando dolcemente la pelle colorata. Poi si allontanò, tornando con in mano un portatile.

Mi mostrò un video, nel quale un'uomo muscoloso mi teneva il braccio fermo su una brandina plastificata, e incideva il disegno; intanto io cantavo a squarciagola guardando l'obiettivo.

Sorrisi.

"Non c'era bisogno" affermai divertita.

"Mi piace essere chiaro. Allora, ti fidi di me adesso?"

"Sì, mi fido di te."

Era l'unico che fino a quel momento aveva dato dimostrazione di essere affidabile, e in fondo, dentro di me, qualcosa mi diceva che stavo facendo la cosa giusta.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now