Ferite invisibili

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"Perciò mi stai dicendo che la mia vita si basa su una menzogna?" Domandai scocciata, agitando le braccia in aria.

"Questo è ciò che è accaduto, mi dispiace che tua madre ti abbia mentito ma io sono qui apposta per dirti la verità

"Non ti sembra un po' tardi per venire da me e raccontarmi tutto?" Chiesi incrociando le braccia al petto.

"Sì, me ne rendo conto che è tardi, ma non potevo avvicinarmi a te in precedenza, te l'ho detto, tua madre..."

"Ho capito, lei è riuscita a farti togliere la custodia condivisa e a far emanare un ordine restrittivo... Ma papà ho 23 anni! Cazzo potevi venire da me non appena avevo compiuto la maggiore età, perché aspettare così tanto?"

"Ti ho fatta tenere sotto controllo per anni finché hai vissuto in quella casa, senza poterti proteggere da tutto il dolore che ti è stato inflitto. Quando sei fuggita ti abbiamo cercata per mesi, finché non sei stata avvistata con un ragazzo. Il mio primo istinto è stato di contattare quel tipo, trovarti e stringerti forte fra le braccia, raccontarti tutto e chiederti perdono... ma guardando le foto che ti avevano scattato in appostamento mi sei sembrata così felice che non ho avuto il coraggio di rovinare tutto. Non volevo che la tua vita fosse nuovamente sconvolta." Rispose rigirandosi la tazza bollente fra le ruvide mani.

Non potevo prendermela con lui per ciò di cui non aveva colpe, alla fine era mia madre che mi aveva mentito fin dal principio. Ma ero in collera, mi sentivo talmente piena di rabbia che avrei voluto rompere quel misero tavolino da caffè su cui mi appoggiavo.

Percepii una roccia pesante gravare sul petto, capivo cosa significasse sentirsi tradita e compresi il perché mio padre fosse andato via di casa.

"Credimi Adeline..." disse improvvisamente l'uomo distraendomi dai miei pensieri "Non avrei mai voluto che le cose andassero in questo modo, ho tentato di cambiarle ma nulla è servito. Non era mia intenzione lasciare te e tuo fratello con lei... mi dispiace davvero tanto..."

"Lo apprezzo, ma Valerian non è figlio tuo" risposi ignorando completamente i suoi tentativi di redenzione.

Ma in quell'attimo compresi. Valerian non aveva mai assomigliato ad Adrian, lui era biondo, alto e smilzo, tutto il contrario del mio patrigno. Ma come facevo a dirgli che quello che credeva suo padre in realtà era il suo patrigno? Non mi avrebbe mai creduto.

"È mio figlio. Ne sono stato sicuro fin dal primo momento in cui Lauren mi ha confessato di essere incinta. Era a tre mesi di gravidanza quando l'ho lasciata, mi diceva che il bambino non era mio, che non era sicura, ma io si, lo ero. Mi aveva già tradito una prima volta, e da lì ho cominciato a seguirla e a tener traccia dei suoi spostamenti. Aspettava già tuo fratello quando aveva ricominciato a frequentare l'uomo che adesso è tuo patrigno.
Purtroppo però non ce la facevo più a vivere lì, il peso del tradimento mi logorava l'anima giorno dopo giorno, non sopportavo più la sua voce, il suo respiro, nemmeno il suo modo di camminare. La disprezzavo a tal punto che sarei impazzito se fossi rimasto. Per poterla lasciare però, dovevo farle credere che Valerian fosse figlio di quel maiale del tuo patrigno, ripromettendomi che sarei tornato a riprendermelo. Il giorno che me ne sono andato di casa ho detto a tua madre che avevo deciso di portarti via la mattina seguente, ma nel momento in cui sono arrivato davanti all'ingresso il giorno dopo, alcuni miei colleghi mi hanno arrestato e portato in centrale. Per fortuna, dato che mi conoscono, sono riusciti a fare in modo che evitassi la prigione, ma il divieto di avvicinarmi a te o a tua madre è rimasto, e su questo il giudice fu inflessibile." Concluse con un sospiro, quasi come se raccontare tutto ciò gli togliesse lentamente un peso dalla schiena, trasferendolo a me.

"Di che mai ti avrà accusato per ottenere delle simili conseguenze?" Chiesi dubbiosa, mentre osservavo le auto sfrecciare in strada.

"La notte in cui me ne andai non so di preciso che successe, ma probabilmente Lauren perse totalmente il senno. Ciò che so è che i vicini hanno chiamato la polizia perché sentivano urla e pianti provenienti dalla casa accanto, quando giunsero gli agenti regnava il silenzio; entrarono dopo aver chiamato a gran voce tua madre, senza ottenere risposta. Trovarono la casa devastata: vetri rotti sul pavimento, bambole frantumate, oggetti vari sparsi al suolo, e scie rosse di sangue fresco sulle pareti. Lei giaceva priva di sensi alla fine delle scale, riportava numerose lesioni al petto e alle braccia. A te invece trovarono nel corridoio del piano di sopra ferita dalle schegge di vetro sparse sulla moquette. Incolpò me, e fui processato, poiché nessun testimone aveva visto la mia auto allontanarsi prima della tragedia. Da quanto mi riferirono i colleghi, Lauren causò tutto quel caos, si fece del male, e si gettò dalle scale, ma non fu trovata nessuna prova che dimostrava la mia innocenza. Non so se l'abbia fatto per punire me o per la sua follia, ma so che ciò mi turbò indicibilmente, soprattutto per il fatto che tu e Valerian eravate sotto la sua custodia."

Bevve un sorso non appena terminò di parlare, visibilmente scosso dai quei tragici ricordi.

Gli presi la mano stringendola delicatamente.

"È passato papà, ora non sei più solo." Gli dissi accennando ad un debole sorriso. Lui sembrò quasi ringiovanire dinnanzi a quel gesto così spontaneo.

Provai una profonda pena per lui.

"Eri morto da quanto mi era stato detto. Ma ero in una così tenera età allora, che mi sembrava una parola come tante, capivo solo che tu non c'eri più e nella mia ingenuità l'accettai. Hanno sempre creduto tutti che Valerian fosse figlio di Adrian, lui più di chiunque altro, il suo primo figlio maschio, il prediletto, si sentiva fiero nel pensare di aver dato vita ad un bambino bastardo. Nonostante ciò quando tornava a casa ubriaco mi chiudevo nell'armadio per l'intera notte se necessario, stringendo forte quel piccolo pargolo fra le braccia come se fosse l'ultima mia speranza di vita, temendo che potesse anche solo sfiorarlo nel modo sbagliato. Purtroppo però il tempo passò e io crebbi, la pubertà mi raggiunse e nulla poté incorrere contro l'inevitabile: mi ha violentata." La voce mi si strozzò in gola
"Ciò accadeva occasionalmente, e spesso le sue azioni non erano dovute all'alcol, ma alla sua volontà. Come se non fosse abbastanza doloroso essere violata.
Mi picchiava, lo faceva con una tale rabbia che rabbrividivo ancor prima che mi sfiorasse, portavo i segni nascosti sotto indumenti abbondanti e costose sciarpe di marca, provando ad occultare la vergogna che mi macchiava l'orgoglio.
Sono scappata appena compiuta la maggiore età, mi dispiace sapere di aver ostacolato il tuo modo di stami vicino, ma non avevo altra scelta." Confessai.

L'uomo si asciugò gli occhi con un fazzoletto di tela blu, per poi riporlo in un taschino all'interno della giacca che indossava.

"Mi dispiace..." sussurrò, contenendo i singhiozzi. La sua espressione riassumeva il dolore e la rabbia che l'avevano attraversato per tutti quegli anni, consumandolo e tormentandolo giorno dopo giorno. In aggiunta, il senso di colpa gli attanagliava lo stomaco senza pietà.

"Anche a me papà... Ma ho imparato che alcune persone non sanno nemmeno ciò che fanno né il perché lo fanno. Le loro azioni iniziano e finiscono lì. Ho capito che soffrire, soffriremo sempre, e in un modo o nell'altro la vita ci calpesta. Chiunque usi la violenza per imporsi... penso che sia molto triste, e sinceramente mi fa anche tanta pena, perché mi si stringe il cuore a vedere una tale mancanza di spirito e di voglia di vivere.
Non incolpo Adrian per quello che mi ha fatto, perché per arrivare a soffocare così tanta rabbia e risentimento in un'altra persona devi aver sofferto molto, e purtroppo ognuno reagisce al dolore a modo suo, ma la  tristezza che invade le persone violente, contro gli altri e se stessi, credo sia devastante; tanto da spingere a compiere azioni deplorevoli. Tanto da voler trasmettere il dolore che si prova ad altri, o ad aumentare il proprio.
Ciò che mi è successo poteva capitare a chiunque, ma chiunque non avrebbe reagito a modo mio, ed è per questo che spero che un giorno l'uomo capisca quanto valore c'è in ognuno di noi, e quanto sia da rispettare per la felicità comune." Conclusi infine con una nota di ingombrante tristezza nella voce. Ero sincera, avevo superato quei traumi e non incolpavo nessuno per ciò che era successo, non stavo giustificando Adrian ma solo accettando l'accaduto. Perché non potevo cambiare il passato, e nemmeno le persone.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now