Un'altra me.

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19 gennaio 2016

Il ghiaccio galleggiava in modo elegante e morbido all'interno del bicchiere, immerso in una generosa quantità di Bourbon.

Henry stava parlando al telefono coinvolto in un'accesa conversazione. Camminava nervosamente per il salotto.

Ne riconoscevo i tratti, le movenze, cosa che con Jason mai mi era successa.

Ero davvero stata una stupida a fidarmi di lui, mi ero fatta abbindolare da un paio di occhi azzurri e una montagna di parole blaterate in uno squallido pub di periferia. A cosa diavolo pensavo? Ero quasi morta per colpa sua!

Si era approfittato di me, aveva sfruttato le mie insicurezze a suo vantaggio.

Ma cominciavo a ricordare, e nonostante tutto, ero riuscita a riesumare qualcosa di importante: il mio rapimento. Avrei approfondito la cosa in seguito, parlandone con Henry.

Sollevai lo sguardo notando la frustrazione dipinta sul volto del ragazzo mentre riponeva il cellulare nella tasca dei pantaloni.

Si lasciò poi cadere sul cuscino di una poltrona bianca, con i gomiti piantati saldamente sulle ginocchia e il viso coperto dal palmo di una mano.

Rispettai il suo silenzio, rimanendo seduta, finché lui non spezzò la quiete portandosi il bicchiere alla bocca. I cubetti di ghiaccio semi sciolti si scontrarono fra loro in un suono freddo e appena accennato.

Bevve a goccia ciò che rimaneva dell'alcolico.

"Beh..." disse alzandosi "Se non voglio farti morire di fame dovrò darmi una mossa!" Esclamò con un leggero sarcasmo.

"Posso fare qualcosa per aiutarti?"

"Tranquilla, pensa solo a rilassarti, sarà pronto in un attimo." Si voltò per un instante rivolgendomi un sorriso accennato. Ricambiai il gesto, grata per la sua disponibilità.

Poi, quando calò il silenzio, mi persi fra i pensieri.

Jason mi aveva mentito più volte, probabilmente nemmeno era un'avvocato, ma perché proteggermi, aiutarmi a scappare e salvarmi la vita, per poi abbandonarmi in un'auto in fiamme? Qual'era il suo scopo?

Mio padre, sapevo chi fosse grazie ad un vago ricordo, ma non ero totalmente sicura che la persona al telefono fosse lui.

Infine Valerian.

Le sue parole mi frullavano ancora in testa: "... non andare via, posso spiegare..." e mi chiesi come sarebbero andate le cose se l'avessi ascoltato.

"Come va la gamba?" Chiese Henry di punto in bianco. Tornai alla realtà prendendomi qualche secondo per rispondere.

"Meglio grazie"

"È quasi pronto, mi dispiace per averti fatto aspettare..."

"Tranquillo non fa nulla, ci sono cose che non possono essere rimandate" Risposi provando ad alzarmi.

"Non avrei dovuto rispondere a quella chiamata" disse rammaricato, come se temesse che alla minima distrazione sarei scomparsa.

"Doveva essere importante se hai risposto..."

"Credimi, sarebbe stato meglio non farlo" Si voltò poi con due piatti fumanti in mano posandoli sul bancone della cucina.

"Ce la fai a stare seduta qui? Se no, ti prendo una sedia, con dei cuscini..." Chiese mentre mi avvicinavo zoppicante ad uno degli sgabelli in cucina.

"Va bene così Henry, ti prego non farti troppi problemi" dissi posando lo sguardo sull'invitante pietanza.

Cominciammo a mangiare, il silenzio era rotto solo dal tintinnio delle posate sui piatti.

"Henry..." lo richiamai, quando ormai avevamo concluso il pasto.

"Dimmi"

"Che ti ha detto mio padre? Al cellulare intendo, quando mi ha chiamata..." chiesi decisa, in frenetica attesa di risposte.

"Beh, vorrei potertelo dire Adeline, ma non adesso. Sei ancora fin troppo scossa e ho paura di destabilizzarti." Rispose affranto. Le sue dita avvolsero mie, trasmettendomi un piacevole calore.

Avrei voluto ritirare la mano da quella stretta, ma qualcosa mi tratteneva dal farlo, sentivo dentro di me sentimenti contrastanti.

"Henry, ti prego ho bisogno di saperlo..." Lo supplicai, ero rimasta fin troppo tempo all'oscuro di tutto, ignorando il passato e andando avanti con la mia vita.

"Per favore non insistere. Fidati di me."

Sfilai con delicatezza la mano dalla presa, ormai divenuta morbida, delle sue dita e afferrai la stoviglia dal bordo per portarla al lavello. Poi mi voltai e appoggiai la schiena alla parete.

Lo sguardo mi si posò sulla finestra. Sentivo il rumore scrosciante della pioggia scorrere sul vetro freddo, i tuoni risuonavano maestosi e potenti nell'aria, imponendo la loro superiorità. Pochi secondi dopo un lampo di luce illuminò per un attimo il cielo scuro.

La lampada del salotto era calda e soffusa, donava un'atmosfera di montagna all'appartamento.

Sospirai e mi diressi verso il ragazzo, ancora intento a studiare i resti di cibo.

"Intendi guardarli finché non ammuffiscono?"

"È così strano..." rispose assente.

"Che cosa?"

"Questo." Allargò le braccia come ad indicare tutta quella situazione.

"Questo cosa?"

"Tu, io, questa casa... È surreale. Non avrei mai pensato di poterti rivedere..." disse torturandosi le dita sottili.

"Beh, sai, da quando ho perso la memoria mi sono sentita spesso così, ma questa è la prima volta che sento di essere davvero a casa.
Tutto ciò che ho vissuto fin ora mi ha spinto ad essere titubante, incerta sulle mie sensazioni e sui miei ricordi, ma tu mi trasmetti sicurezza e fiducia. Sò di potermi fidare di te Henry. E ho bisogno che tu sciolga parecchi dubbi, e che non mi nasconda niente. Mi interessa di te, di me, di noi, di tutto ciò che ha preceduto la nostra separazione. Voglio sapere tutto quello che sai." Dissi finalmente libera di esprimere me stessa a qualcuno che non avrebbe giudicato, limitandosi ad ascoltare, seduto su uno sgabello di legno, con occhi pieni di affetto.

"Che cosa vuoi sapere?" Mi chiese abbozzando un sorriso.

"Tipo, cosa ti ha fatto innamorare di me?" Risposi appoggiata all'acciaio freddo del lavello: meglio partire sul semplice.

Sorrise al solo pensiero.

"Il tuo sguardo, e i modi di essere. Mi è sempre piaciuto il tuo atteggiamento positivo, solare, di approcciarti alle cose e alle persone.

La camminata elegante, la voce delicata, e quegli occhi ipnotizzanti...

Ma soprattutto il tuo essere uno spirito libero. Semplice, creativa, acculturata, una di quelle poche persone che avrebbe potuto vantarsi di molte cose, ma che non è mai stata interessata a farlo.

Un'anima buona, ma ribelle. Tu eri lo Ying e lo Yang, il giorno e la notte, nulla era scontato con te. Per questo mi sono innamorato, e nonostante tutto lo sono ancora, perchè so che infondo, sei ancora lei." Rispose con malinconia, rimpiangendo ciò che gli era stato portato via.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now