Timori

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Quella mattina il sole sorse presto, e illuminò la stanza con la sua luce pallida, disegnando le ombre dei mobili sulle pareti.

Non chiusi occhio per il resto della notte: ogni qual volta mi abbandonavo al sonno vedevo il corpo senza vita di Sheeba che giaceva in un lago di sangue scuro, sentivo le mani sporche, la gola asciutta.

Posai lo sguardo sul comodino, dentro il quale giaceva ancora la pistola incriminante, e mi parve sentirla ticchettare come una bomba in procinto di esplodere.

Avevo il tempo contato, ne ero consapevole, ma una parte di me negava l'evidenza nascondendosi dietro scuse ipocrite.

Attesi che fossimo tutti svegli rimanendo appoggiata con la schiena alla spalliera del letto, immobile, distaccata, rivivendo l'omicidio in un loop estenuante.

Mi chiesi che piacere ne traesse un killer seriale ad uccidere le proprie vittime, come riuscisse a fare in modo che la sua colpa non lo perseguitasse.

William uscì di casa di fretta congedandosi con un saluto sfuggente senza nemmeno fare colazione. Così io ed Henry restammo soli, seduti davanti ad una tazza di caffè fumante nel piccolo salotto.

Il silenzio creava un vuoto enorme in quell'appartamento, che negli ultimi tempi era stato ricettacolo di energia.

Non ebbi il coraggio di bere niente. Ero troppo impegnata a pensare. Durante la notte mi si era insinuata nella mente la malsana idea di confessare tutto alla polizia, ma allo stesso tempo mi chiedevo se fosse la cosa giusta da fare.

Mia madre avrebbe sicuramente detto che sbagliavo. Per lei qualsiasi cosa pensassi di fare era un errore.

La immaginavo sul ponte della nave a bere un bicchiere di Piñacolada ghiacciato, crogiolandosi al sole mentre recitava la parte della povera vecchia vedova sofferente, mentre sotto sotto pianificava un modo per riprendere in mano i fili della mia vita. Ma non le avrei permesso di nuovo di manovrarmi a suo piacimento, non ero più una bambina, e nemmeno la sua marionetta, volevo vivere come dicevo io anche se lei reputava il mio modo sbagliato.

Mio padre invece... Mi avrebbe detto di fare quello che mi sentivo. Sarebbe stato anche delle ore ad elencarmi pro e contro, a dirmi la sua opinione, ma non mi avrebbe mai fatto pressioni.

"Adeline, insomma, cosa c'è di tanto brutto che non ci hai ancora detto?" Disse il ragazzo rompendo la quiete, il suo tono era curioso, ma anche quasi infastidito nel non sapere la verità. Aveva notato il mio nervosismo.

"Non so se voglio dirtelo" risposi chiudendomi per l'ennesima volta in me stessa. Mi rimproverai per quello, forse Henry avrebbe potuto capire.

"È qualcosa che ti hanno fatto?" Chiese lui prendendomi le mani e cercando il mio sguardo. Sentii l'insistenza dei suoi occhi su di me, e fui costretta a guardarlo.

Non potevo mentirgli in quel modo, non mi avrebbe mai perdonata, era il momento di dirgli la verità. Dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per me, sapere che volevo consegnarmi e confessare tutto avrebbe potuto distruggerlo, non potevo nasconderglielo. Aveva il diritto di saperlo.

"Andrò dritta al punto" affermai, reggendo il suo sguardo "Io..."

In quel momento bussarono alla porta.

"Polizia, aprite!"

Rabbrividii. Li supplicai mentalmente di andarsene alzandomi di scatto dalla sedia, seguita da Henry.

"No, non adesso..." sussurrai fra me portandomi le mani alla testa, quel discorso non poteva essere lasciato a metà. Avevo troppe cose da dirgli.

"Polizia, aprite questa porta!" Ripetè la stessa voce, questa volta con un tono più alto.

Sentii il sangue gelare e la tensione farsi viva.

L'ingresso venne sfondato e nel piccolo salotto si riversarono cinque agenti con le armi in pugno.

Due di loro mi bloccarono le mani in un paio di manette, trascinandomi via.

Lanciai un ultimo sguardo a Henry, carico di sentimento, mentre anche a lui veniva riservato lo stesso trattamento. Uscii dall'appartamento con un sorriso sghembo sulle labbra: rassegnato, deluso. Mi caricarono in auto e lo sguardo si andò a posare oltre il vetro del finestrino. Era finita.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now