Passato.

278 61 50
                                    

"Il tempo è solo un concetto astratto inventato dall'uomo. Un tentativo disperato dell'essere umano di cambiare il proprio destino, di provare a fare di più di ciò che è stato prestabilito, la necessità di avere un'altra possibilità, il rifiuto della fine."

Cominciò a piovere, mentre camminavo completamente smarrita.

Non capivo che mi stesse capitando, ero confusa.

"Adeline!" Mi chiamò poi una voce alle mie spalle, sorpresa mi voltai, incontrando la fonte di quel richiamo: un ragazzo alto dalla capigliatura di un biondo ramato e un paio di gli occhi chiari, mi scrutava da sotto un berretto decisamente troppo stretto per lui.

"Come stai?" Chiese, come se giusto il giorno precedente avessimo pranzato insieme.

"Mi scusi, temo abbia sbagliato persona, devo andare" Affermai a disagio, sul punto di correre via.

"Non mi riconosci?"

Scossi la testa spaventata.

"Come fai a non ricordarti di me? Sono io, Jason..." Replicò, prima che gli impedissi di terminare la frase.

"Scusa, ma non ti conosco..." Ero completamente persa nell'oscurità della mia mente in cerca di un'informazione che non trovavo.

Non pensai mi stesse mentendo, sembrò parecchio deluso dal fatto che io non lo riconoscessi, ma ogni mio tentativo di associare quel viso a quel nome era vano: la razionalità mi diceva di non averlo mai visto.

I suoi occhi parvero verdi attraversati dalla luce gialla dei lampioni, e rimasero puntati su di me, supplicanti di un riconoscimento.

Non sarei rimasta un'attimo di più a prenderlo in giro. Mi voltai e cominciai a camminare a passo veloce.

"Ehi un attimo! Aspetta!" Mi chiamò a gran voce.

Ma io accelerai; i tacchi alti sul pavimento bagnato slittavano inesorabilmente ad ogni passo, facendomi trasalire ogni volta che la suola perdeva aderenza. La pioggia mi bagnava i vestiti e il capo mentre provavo a concentrarmi sulla strada senza voltarmi.

Ero spaventata, confusa, frustrata. I miei pensieri si erano tramutati in un'indescrivibile poltiglia di emozioni che mi infastidiva lo stomaco.

"Adeline ti prego!" Le sue dita affusolate avvolsero il mio braccio e strinsero forte costringendomi a fermarmi.

Sbigottita cercai di liberarmi, ma per tenere l'equilibrio feci qualche passo indietro, e una delle due scarpe finì nella sabbia al confine con il marciapiede, affondando, e di conseguenza facendomi cadere sulla spiaggia. Sputai qualche granello finitomi accidentalmente sulle labbra per poi posare lo sguardo sul ragazzo: aveva in mano un grosso ombrello che in precedenza non avevo notato, e lo usava per ripararsi dalla pioggia ormai diventata insostenibile.

Si avvicinò e mi porse una mano, l'afferrai alzandomi in piedi.

Lui mi tirò verso di sé e mi consegnò l'ombrello, mentre si toglieva la giacca e me la appoggiava delicatamente sulle spalle. Riprese in mano l'oggetto invitandomi a stare con lui al coperto: accettai titubante con un sorriso poco accennato, che altra scelta avevo?

Avevo capelli e vestiti bagnati, ricoperti di quei fastidiosi e microscopici granelli di sabbia. Camminavo terrorizzata di fianco a quel ragazzo chiedendomi se avessi preso o no la decisione giusta.

"Scusami non volevo turbarti, semplicemente non credevo fossi davvero tu. Sei sparita per diversi mesi e, vedendoti fuggire mi sono agitato, perdonami se ti ho spaventata."

Lo guardai negli occhi e all'apparenza sembrò sincero, ma continuavo a non avere la minima idea di chi fosse.

"Io non so davvero chi sei... Mi dispiace."

"Anche a me." Rispose, spostando lo sguardo sul marciapiede bagnato.

"Ho perso la memoria, non ricordo niente." Pensai fosse strano che non avesse visto i telegiornali, o la notizia sui social. Da quanto mi era stato detto ero la figliastra di uno degli uomini più ricchi della città, e i giornalisti mi avevano perseguitato per settimane, era quasi impossibile che la mia storia non fosse arrivata anche a lui.

"Che ti è successo?" Mi chiese, come se non ne fosse minimamente a conoscenza.

"Non ne ho idea, e comunque non credo sia il caso di parlarne con uno sconosciuto" risposi, aumentando il passo.

"Ho paura che non lo saremo per molto ancora" replicò il ragazzo provando disperatamente ad avere la mia attenzione.

"Cosa te lo fa pensare?"

"Il fatto che saremo costretti a rivederci. Sono Jason Edwards, il tuo avvocato."

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now