Perdite

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Dicembre 1995

Il gelo riempiva l'aria, formando microscopici cristalli di ghiaccio ogni qual volta si respirava, il suolo scivoloso era ricoperto da un sottile strato di ghiaccio, responsabile del precario equilibrio nel camminare.

Grossi pini costeggiavano le strade, colmi di neve che appesantiva i rami.

Un tenero e gelido pupazzo di neve sostava sorridente sul cortile dinnanzi alla finestra, con una vecchia sciarpa di lana legata al collo, due bottoni come occhi, e una solida carota di un arancione carico piantata nel bel mezzo della faccia.

Le braccia esili si muovevano al leggero venticello della sera, e dei piccoli sassolini neri formavano un largo sorriso al di sotto del lungo naso vegetale.

Le strade erano bloccate dalla neve, il sole splendeva nascosto dietro una fitta stuoia di nuvole bianche, e il freddo si insinuava subdolamente da sotto le porte sotto forma di fastidiosi spifferi.

Sedevo allegra sul soffice tappeto in salotto, intenta a vestire una bambola, mentre una melodia natalizia risuonava nell'aria, morbida e calda come un'astratta coperta invernale.

Il grosso albero di Natale troneggiva trionfante e luminoso in un angolo del salotto, palline rosse e dorate ne decoravano i rami, accompagnati da festoni e lucine sfavillanti.

Le calze dei doni dondolavano lievemente, appese sul camino acceso.

La luce calda donava anch'essa un'atmosfera familiare e felice.

La pace regnava, in quella stanza addobbata di piccoli Babbi Natale poggiati sul camino, e golosi dolcetti raggruppati in piccole ciotoline posate sul bancone della cucina.

Tutto però prese sventuratamente una piega cupa e disastrosa.

Delle urla provenirono dal piano superiore, due voci litigavano senza ritegno, una maschile e una femminile.

"Lauren, sto parlando seriamente!" Disse quella di un'uomo.

"Lo so Richard, ma non puoi fare questo a tua figlia!" Ribattè la donna, in procinto di scoppiare in lacrime.

"Non farò assolutamente nulla a mia figlia, perché chiederò la sua custodia. Non merita una madre come te."

"Non otterrai mai la sua custodia."

"Perché non dovrei?" Chiese la voce maschile con curiosità.

"Perché se uscirai da quella maledetta porta io ti denuncio!"

"E cosa ti inventerai questa volta Lauren? Vuoi denunciarmi perché ho chiesto il divorzio?" Rispose l'uomo rabbioso.

"Non la passerai liscia Richard. Riscatterò Adeline e..." Replicò acida la donna.

"Ma è per lei che lo fai, oppure per il tuo orgoglio?"

"Ascoltami bene, se uscirai da quella maledetta porta io giuro che..."

"Che farai? Eh? Prenditi la responsabilità delle tue azioni cazzo! Ti ho dato molte possibilità Lauren, sono stato clemente, sono rimasto con te nonostante tu mi avessi tradito più volte. Ho finto di credere alle tue sporche e vergognose menzogne per Adeline. Ma ora sono stanco, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e non posso continuare così." Disse l'uomo in un impeto di rabbia.

"Ti ho chiesto scusa Richard, tante di quelle volte che ho perso il conto. Adeline è anche figlia mia ed è fondamentale che cresca con la madre." Rispose la donna.

"Domani mattina porto via la bambina. Sta notte sarà la tua ultima notte con lei, sfruttala. Non merita una madre ipocrita e alcolizzata come te." Disse lui, per poi scendere a passi pesanti al piano terra, indossare un lungo cappotto e afferrare una valigia poggiata sotto l'appendiabiti.

Si diresse verso di me stringendomi forte fra le braccia robuste, mi lasciò un bacio umido e carico di sentimento sulla fronte, sussurrando un "ti voglio bene" con la voce rotta dalle lacrime, per poi sparire dietro la porta d'ingresso.

La donna scoppiò in un pianto devastante. Perse la testa scaraventando qualsiasi cosa gli capitasse per le mani a terra. Urla e versi di dolore echeggiarono per la casa.

La follia si stava impossessando di lei.

Io ero troppo spaventata per piangere, rimasi seduta davanti alla grossa finestra del salotto.

Piccoli fiocchi bianchi cominciarono a volteggiare leggiadri, fino a toccare il suolo con delicatezza ed eleganza, raggrumandosi in un fitto manto candido.

Le strade vuote cominciavano lentamente ad assumere un'atmosfera più scura, il cielo si dipinse di blu, mentre le nuvole riflettevano gli ultimi raggi del sole prendendo un colore rosato.

Fu così che alla misera età di tre anni, assistii al mio primo tramonto nel vuoto della mia giovane mente, che anno dopo anno avrebbe immagazzinato un'infinità di informazioni e ricordi ben lontani dall'essere piacevoli.

In quell'istante non potevo saperlo, ma ciò che stavo vivendo sarebbe stato il primo di una serie di traumi che mi avrebbero portata ad affogare nei dolori della vita in età fin troppo giovane, fino a farmi divenire un'adulta insicura e fragile, protetta nella psiche da un carattere autoritario, che non sarebbe bastato.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now