Incertezze

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Autunno 2011

Il sole, debole e timido, si nascondeva dietro una fitta coltre di nubi scure, mentre il vento smuoveva i pigri rami degli alberi rubandone qualche piccola foglia ingiallita.

Un forte odore di biscotti all'anice appesantiva l'aria, con in sottofondo una melodia jazz in stile anni venti.

Ciò significava che per almeno cinque ore non potevo uscire dalla mia stanza.

Era di routine che almeno una volta al mese capitasse un giorno simile: biscotti, musica, reclusione, ma non mi era mai stato spiegato il perché.

Vidi l'auto scura di Adrian percorrere il vialetto, seguita da una limousine nera.

Ogni volta ero sempre più curiosa, mi chiedevo cosa mai ci potesse essere di così segreto da chiudermi in camera e vietarmi persino di fare rumore.

Mia madre non mi diceva nulla, ogni qual volta le ponevo la questione si limitava ad accarezzarmi i capelli e dirmi distrattamente di fare la brava.

Tutto ciò era assurdo.

Udii delle voci provenienti dal salotto parlare lentamente e con tono riservato.

Ma quel giorno sembrava diverso, qualcosa mi diceva che la situazione sarebbe cambiata, che la mia vita non sarebbe stata mai più come prima; nel mentre che cercavo di sminuire quegli stupidi pensieri infondati qualcuno bussò alla porta.

Talmente ero presa dalle mie assurde sensazioni che nemmeno udii i passi nel corridoio.

Titubante mi diressi verso la soglia.

Un ragazzo dai capelli biondo-rossicci sostava in piedi dinnanzi a me con fare allegro.

"Ciao, posso entrare?" Mi chiese sorridendo.

Interdetta lo scrutai con disappunto, stringendo saldamente la maniglia in ottone.

"Scordatelo"

Il ragazzino fece una smorfia divertita, senza che io ne comprendessi il motivo, avevo per caso detto qualcosa di sbagliato? Magari avevo del cibo fra i denti?

Mille paranoie per un misero sorriso, in fondo sapevo che era solo stronzo.

"Adeline non è una visita di cortesia" Rispose lui, senza aggiungere alcun dettaglio, che, sinceramente, mi sarebbe stato molto utile e mi avrebbe risparmiato parecchia frustrazione.

"Cosa vuol dire? Perché dovrebbe esserlo dopo tutti questi anni?" Replicai scocciata.

"Beh fammi entrare e te lo spiego." Disse lui con quel fastidioso sorrisetto stampato in viso.

"Perché dovrei dopo quello che hai fatto?"

"Senti, mi è stato detto che dovevo salire. Mi dispiace per quello che è successo, hai ragione, sono stato uno stronzo. In tutti questi anni non sai quanto avrei voluto almeno chiamarti per scusarmi, ma prima di questo momento non ero autorizzato a parlarti." Rispose dondolandosi sui talloni con le mani in tasca.

"Ah da quando hai bisogno dell'autorizzazione? Sai che ti dico? Sorvoliamo l'argomento, sinceramente è l'ultima cosa a cui voglio pensare... Entra, ma non credere di essere il benvenuto. " sussurrai fra i denti, mentre maledicevo Adrian per il suo vizio di volermi rovinare la vita a tutti i costi.

"Figa la tua stanza" Esclamò Jason guardandosi attorno.

"Come se non l'avessi già vista" risposi provando a tenere il controllo di me stessa. Avevo cambiato idea, preferivo starmene chiusa in camera per cinque ore a leggere un libro piuttosto che avere un ragazzino viziato a invadere il mio spazio.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now