Gelo.

150 29 14
                                    

Aprile 2015

Non appena riuscii ad aprire gli occhi non vidi praticamente nulla.

Mi accarezzai le braccia nude pervase dalla pelle d'oca.

Indossavo degli stracci forse in principio bianchi, ma in quel momento macchiati di sangue e sporcizia.

Seduta sul pavimento sudicio e puzzolente tremavo dal freddo, avevo la pelle secca, le labbra spaccate, e i capelli sporchi legati dietro la nuca. Un gelo sferzante mi sfiorava la pelle, tagliente come lame d'acciaio.

Una piccola finestrella in alto, sul muro, era l'unico spiraglio di luce, ma non una possibile via di fuga: di lì non ci sarebbe passato nemmeno un topo. La interpretai come una crepa fra la vita e la morte.

Ad un tratto dei rumori echeggiarono nell'oscurità, seguiti da alcuni passi lenti e pesanti. Guardai le sbarre della cella dal mio angolino scuro, vidi il luccichio di un paio di scarpe nell'ombra, colpite forse da qualche raro fascio di luce. Mi strinsi le ginocchia al petto. Respiravo affannosamente e il cuore mi batteva forte.

La guardia armeggiò con la serratura della cella, al chè mi rannicchiai ancora più su me stessa piagnucolando parole incomprensibili.

Il cigolio della porta poi, disintegrò le mie speranze.

Indietreggiai spingendo la schiena al muro desiderando di poterci passare attraverso.

"No! No! Vada via!" Urlai terrorizzata, mentre l'uomo si fermava davanti a me. Il buio mi impediva di vedergli il viso, ma sapevo chi fosse, era sempre lo stesso vigilante.

La sua mano si protese verso il mio esile braccio, avvolgendolo e stringendolo con le dita, per poi trascinarmi di peso verso la porta.

Provò a costringermi ad uscire dalla cella con la forza: io cominciai a ribellarmi e ad urlare in cerca di aiuto. Lui mi afferrò con entrambe le mani immobilizzandomi le braccia dietro la schiena.

Delle lacrime silenziose scesero lente lungo il viso, delineandone i tratti delicati.

Venni poi scortata lungo un interminabile corridoio buio, fino al raggiungimento di una piccola porta di metallo arrugginito: la guardia l'aprì e mi ci spinse dentro con arroganza, chiudendo poi la soglia alle mie spalle.

Mi alzai di scatto, battendo sul ferro marcio con le mani, consumandomi le corde vocali in un urlo disperato di pietà.

Dopo interminabili minuti la voce mi abbandonò costringendomi a tacere. Appoggiai la testa alla superficie metallica, rassegnata.

Il silenzio mi avvolse, finché dei respiri flebili non si sollevarono dall'oscurità. Trattenni il fiato, terrorizzata. Percepii poi delle dita sfiorarmi la pelle nuda.

Mi dimenai presa dal panico per scacciare la sensazione di quel tocco fastidioso. Subito dopo si palesò un respiro umido nelle orecchie, ansimante, mentre un paio di mani esploravano con foga le forme del mio corpo. D'un tratto persi il controllo. Ogni mio singolo centimetro di pelle venne palpato.

Non mi rimase che provare ad orientarmi nel buio, percorsi le braccia villose di un uomo, e rabbrividendo mi sporsi verso destra, al che sfiorai involontariamente dei seni nudi. Ritirai le braccia lungo il corpo imbarazzata, chiedendomi cosa diavolo stesse succedendo, finchè le mie mani incontrarono un membro turgido. Feci qualche passo indietro atterrita, cercando una via di fuga nell'oscurità, ma il corpo caldo di un altro uomo fermò la mia fuga. Potevo sentire la sua eccitazione premere contro le natiche. Ero in trappola.

Non ci volle molto prima che fossi violata. Sentivo di aver completamente perso il controllo di me stessa, ogni orifizio venne riempito, la pelle macchiata da liquidi caldi; ero in balia di tre estranei, incapace di ribellarmi, piegata al loro volere. E il dolore che provavo era contrastato dalla vergogna.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now