Coincidenze (II parte)

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"Grazie" sussurai, afferrando la tazza di caffè bollente che mi venne offerta.

Sentii il tepore scaldarmi lentamente le dita sottili, quasi scottandole. Bevvi un sorso della bevanda torbida assimilandone il calore che mi trasmetteva scivolando lentamente per l'esofago e giungendo infine allo stomaco in un'esplosione di fuoco.

Poggiai la tazza sul ginocchio sano reggendola con le mani, mentre osservavo l'agente incaricato allontanarsi goffamente per andare a svolgere i suoi compiti.

In attesa dell'ispettrice ripensai a tutto ciò che mi era capitato in quei pochi e folli giorni: ricordai Jason, Adrian, mia madre, Henry, la donna morta, e infine mio padre.

La botta alla testa aveva risvegliato qualcosa nella mia memoria e sperai di riuscire a ricordare in fretta, mi sentivo terribilmente smarrita.

In quel momento la porta della sala ristoro si aprì rivelando una bella donna slanciata con indosso un tailleur pantalone marrone. Mi squadrò dall'alto in basso con in mano un pesante fascicolo straripante di fogli.

"Salve, io sono la detective Amy Clarke. Sono qui per parlare di alcune cose riguardanti il caso che stiamo seguendo, del quale tu sei diventata un'interessante incognita." Disse accomodandosi su una sedia dinnanzi a me, poggiò il materiale che teneva fra le mani sul tavolino in legno che ci separava.

Prima che potessi anche solo accennare alla mia amnesia m'interruppe con un nuovo carico di informazioni.

"So che lei soffre di una particolare amnesia da shock emotivo, ho già parlato con il suo medico curante, quale mi ha espresso nei minimi dettagli cosa comporta questa strana perdita della memoria. Inoltre, ho saputo che è stata ricoverata al St. Hellis Hospital, e che è fuggita da quest'ultimo. Prima però di ascoltare le sue ragioni a riguardo, vorrei farle notare quanto incredibilmente vivido sia il suo coinvolgimento in almeno tre omicidi differenti." Continuò, mentre lentamente mi rendevo conto di quanto fosse complicata la faccenda. Ero presente all'omicidio di Adrian, a quello del Dottor Edwards, ed infine ero stata beccata sulla scena del delitto di quella povera ragazza.

La donna cominciò a posizionare varie fotografie sul tavolino con particolare precisione, dopodiché ebbe inizio il vero e proprio interrogatorio.

"Cominciamo dal primo, il caso Adrian Caster. L'uomo è morto per un colpo fatale alla testa, sferrato con un soprammobile in vetro, in seguito ad una colluttazione..." disse indicandomi la fotografia del cadavere "Ha mostrato numerosi segni di lotta precedenti al decesso, e dall'autopsia è risultato che fosse in piena attività sessuale pochi minuti prima di morire. Inoltre sono stati trovati lunghi capelli di colore biondo sul divano accanto al cadavere, insieme ad un singolare gioiello. Lei ne sa qualcosa?" Mi chiese poi, scrutandomi da capo a piedi sperando che confessassi l'omicidio di quell'essere schifoso, per chiudere così quel caso e dedicarsi ad altri cadaveri in putrefazione.

"Mi spiace deluderla, ma non ho ucciso io Adrian Caster. Certo, non posso negare di essere in buona parte sollevata all'udire questa notizia, ma non sono stata io.
Dopo essere fuggita dall'ospedale, sono giunta a casa di mia madre, la Signora Caster, poiché mi sentivo perseguitata e profondamente turbata da eventi passati che nemmeno ricordavo. 
Ho passato la notte lì, per così dire.
Mentre dormivo, il Signor Caster è venuto nella mia stanza ad importunarmi, io sono fuggita al piano inferiore ma non sono riuscita ad affrontarlo. Mi ha violentata.
Poi è stato distratto da qualcuno e io sono fuggita, non ricordo molto degli ultimi momenti con lui." Confessai, tralasciando qualche particolare essenziale, non sapevo in cosa Jason fosse coinvolto ma non ero una traditrice.

"E mi dica signorina Worren, ha mica visto ciò che "ha distratto" il Signor Caster, prima di scappare?" Domandò fulminandomi con lo sguardo, e pesando le parole come con un bilancino da orefice.

"No, mi dispiace" riposi risoluta, sostenendo la mia versione.

"Mm, interessante, perché a quanto risulta a noi, lei, esattamente alle cinque e un quarto del pomeriggio, del giorno 16 Gennaio 2016, ha effettuato una chiamata a Jason Edwards pregandolo di raggiungerla alla dimora della Signora Caster. Era dunque presente durante l'aggressione?" Chiese, stringendo la mascella. D'un tratto mi tornò in mente l'auto in fiamme, il calore, la paura...

Deglutii rumorosamente, stavo mentendo ad un pubblico ufficiale, era reato presentare falsa testimonianza. Mi avrebbero portato con lui in prigione, per cosa? Per aver difeso una persona che nemmeno conoscevo, e che mi aveva abbandonata a morire?

"Sì, era presente, è stato lui a distrarre il Signor Caster. C'è stato un diverbio durante il quale Jason ha aggredito il Signor Caster, e lui di conseguenza, ma poi ha colpito Adrian alla testa con un pesante soprammobile. In seguito siamo fuggiti perché degli agenti hanno fatto irruzione." Confessai fissando assorta la foto del cadavere di Adrian, rivivendo per un attimo quei tragici eventi con ribrezzo e soddisfazione.

"La ringrazio per la sua sincerità signorina Worren, e mi duole sapere dei tragici eventi ai quali ha assistito, ma ho bisogno di sapere qualche dettaglio in più su ciò che è accaduto in seguito. Per quale motivo lei ha chiamato la polizia e poi è fuggita?" Domandò la donna curiosa di sapere la risposta, speranzosa di trovare al più presto un colpevole, e che quest'ultimo fossi io.

Rimasi destabilizzata da quella domanda, io non avevo assolutamente chiamato la polizia, chi poteva averlo fatto al mio posto?

Chi voleva incastrarmi in quel fitto groviglio di omicidi? Ma soprattutto, per quale motivo?

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now