Accuse (I parte)

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Poco prima dell'ora di pranzo mi avevano già sistemata nella sala degli interrogatori, una stanza piccola e anonima: quattro pareti grigie completamente prive di arredamento.

Provai a muovermi, ma la catena a cui mi avevano legato teneva le manette saldamente fissate al tavolo.

Reputai inaccettabile il ritardo della detective, ma decisi di non perdere la pazienza. Era una tecnica per farmi parlare, ma io avevo intenzione di dire solo quello che volevo, non mi sarei fatta fregare.

D'un tratto l'investigatrice entrò pacata nella stanza, tenendo un fascicolo premuto al petto.

"Buongiorno Signorina Worren, non sa che piacere averla di nuovo qui" disse chiudendosi la porta alle spalle, per poi sedersi di fronte a me. Poggiò il grosso raccoglitore, ma non lo aprì. In un gesto involontario si spostò una ciocca di capelli dal viso prima di dedicarmi uno sguardo carico di determinazione.

"Buongiorno detective" risposi con tranquillità porgendole un sorriso cordiale.

Mossi leggermente i polsi facendo tintinnare la catena, per evidenziare l'inutile trattamento da mostro che mi avevano riservato.

"Dall'ultima volta che ci siamo viste sono successe parecchie cose, non crede?" Chiese la donna come se stesse parlando con un'amica di lunga data davanti al tè delle cinque.

"Non saprei, a cosa si riferisce?" Domandai cercando di spingerla ad arrivare dritta al punto.

La poliziotta sorrise, soddisfatta della domanda.

"Gradisce qualcosa? Un caffè, un bicchiere d'acqua..." replicò allora lei provando a prendere tempo.

"No la ringrazio, sono a posto" risposi sfoggiando il mio miglior sorriso beffardo.

La detective Clarke socchiuse lievemente gli occhi.

"Bene, allora passiamo alle cose serie..." disse aprendo il voluminoso fascicolo "Conosceva quest'uomo?" Mostrò la foto di Adrian. Un dettaglio catturò il mio sguardo: una sottile linea chiara sull'anulare sinistro della donna. Velata, quasi invisibile, ma presente. Dedussi che in passato portasse un anello.

Divorzio? Fidanzamento? Morte? Mi chiesi, non potendo fare a meno di scrutarla a caccia di altri dettagli.

Risposi affermativamente alla domanda che mi porse, concentrata altrove.

"Anche questi?" Continuò esibendo altre immagini.

"Questo sì, anche questo..." replicai indicando con le dita i volti conosciuti, senza sbilanciarmi troppo nelle spiegazioni.

"Perfetto, questa donna invece?" La detective poggiò sul tavolo la foto di Sheeba Akter.

D'un tratto lo scoprire più che potevo sulla storia della poliziotta passò in secondo piano.

Il cuore mi saltò in gola quasi strozzandomi, ma non feci trapelare la mia insicurezza.

"Non mi pare" affermai decisa. Non avrei permesso che mi incriminassero per il suo omicidio, anche se, in fin dei conti, era l'unico che avevo realmente commesso.

"Sa cosa lega queste persone?" Chiese la donna dopo aver creato un fantastico album fotografico sul piano di metallo del tavolo.

Sapevo qual'era la risposta, e non le avrei dato la soddisfazione di svelarla.

"Mi faccia indovinare... Sono forse io?" Il mio sarcasmo non scalfì la dura corazza della poliziotta che, al contrario, sembrò divertita.

"Lei è davvero perspicace, e sono sicura sappia che siano tutte morte. Cinque cadaveri collegabili a lei. Si parla di omicidi seriali Signorina Worren, ci sono abbastanza prove per assicurarle almeno un ergastolo." Affermò la donna piena di soddisfazione, ma io fui subito pronta a smontare il suo entusiasmo.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now