Scotch

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4 aprile 2015

Una vecchia canzone anni venti riempiva il silenzio con aria triste e malinconica.

Il sole era ormai calato da parecchio lasciando che un nero manto di velluto avvolgesse la terra. Un'infinità di stelle candide donavano brillantezza e fascino all'oscurità.

"Valerian puoi spegnere quell'aggeggio? Questa musica è insopportabile!" Urlai dal morbido divano in pelle del salotto.

Il ghiaccio all'interno del bicchiere che tenevo in mano si era sciolto un poco, mischiandosi con il liquido ambrato nel quale galleggiava.

Posai l'alcolico sul tavolino davanti a me, per poi alzarmi in piedi e dirigermi verso la cucina. Le luci soffuse donavano un'atmosfera giallastra e semibuia all'ambiente.
Attraversai il corridoio trascinando una mano sui muri freddi.
Una volta varcata la soglia della cucina trovai il ragazzo intento a stappare una bottiglia di Champagne: sorrisi alla vista dei suoi movimenti impacciati.

Notai anche un piccolo pacchettino poggiato sulla tavola.

"Vuoi una mano?"

Il ragazzo sollevò la testa sorpreso di vedermi appoggiata allo stipite della porta.

"No grazie Adeline, ci rie-..." Non ebbe il tempo di terminare la frase che il tappo schizzò sul soffitto.

"Buon compleanno" disse poi, prima di bere dal suo calice.

"Ti ringrazio"

Dopodiché mi porse il pacchetto. Scartai con delicatezza il regalo rivelando una scatoletta in velluto blu. Sollevai il coperchio del cofanetto, che mostrò un anello d'oro con l'incisione della mia nascita all'interno.

"Non dovevi..." sussurrai sorpresa, infilando al dito il costoso gioiello.

"Sì che dovevo..." rispose nascondendo un timido sorriso.

"Con tutto il male che ti ho fatto, non me lo merito..." replicai incastrando il mio sguardo pentito nei suoi occhi verdi.

"Ho perdonato..."

"Non si può perdonare..."

"Invece si può. Sei mia sorella Adeline, l'unica cosa che ci guadagnerei dall'avercela ancora con te è perderti, e non voglio."

"Valerian io non..." Provai a replicare, ma m'interruppe.

"Tienilo."
Per un attimo non riconobbi più in lui mio fratello, ma vidi il ragazzo ferito e abbandonato che avevo lasciato tempo addietro.

Sfilai l'anello notando un'ulteriore scritta incisa: "Dal tuo piccolo uomo"

Fu come se un macigno mi fosse caduto sullo stomaco.
Feci per riporre l'oggetto ma Valerian mi prese il polso con la mano tremante.

"Tienilo." Sospirò con gli occhi lucidi.

"Come hai avuto i soldi?"

"Non è un problema tuo."

"Non avrai mica..." Ipotizzai, mentre nella mia mente si materializzava una chiara immagine di ciò che stavo per dire.

"Ho detto che non è un problema tuo"

"No, no, Valerian sta volta non ti appoggerò di nuovo! Non puoi continuare così!" Esclamai uscendo dalla stanza, subito seguita dal giovane.

"Non puoi andartene!" Gridò.

"Sì invece! Lo capisci che lavorando in quel club ti stai macchiando la reputazione? Non posso accettare di vederti così, Sharon Bloss ti distruggerà!"

Raccolsi la borsa avviandomi all'ingresso, ma Valerian mi trattenne.

"Ti prego Adeline, non andare via, posso spiegarti..."

"Ti voglio bene Valerian, prenditi cura di te."

"Adeline..."

"Hai scelto la tua strada, ma sai che non ho mai approvato. Non ho intenzione di rimanere a guardare un'altra volta, hai superato il limite mi dispiace." Affermai in tono severo.

"Ti prego resta..."

"Ci sentiamo." Conclusi, lasciando l'appartamento.

La notte aveva inghiottito le strade del quartiere. Negozi e ristoranti erano chiusi da ore e i pub si stavano svuotando velocemente. I marciapiedi erano completamente vuoti, gli unici rumori derivavano da alcune automobili che passavano sporadicamente lungo la via, e da un paio di gatti randagi che rovistavano nei cassonetti in cerca di cibo.

Cominciai a sentire i piedi gonfi e le scarpe sempre più strette. Mi sedetti ad una fermata dell'autobus, esausta e pensierosa. Quella sera sarei dovuta essere con Henry, gli avevo dato buca ma nemmeno mi ricordavo il motivo.

Presi il cellulare dalla borsetta, sul punto di chiamarlo. Volevo sistemare le cose.

Ma d'un tratto un'auto scura si fermò davanti alla fermata, e due uomini robusti mi trascinarono con forza all'interno. Il cellulare scivolò sul marciapiede con ancora la schermata aperta sul contatto di Henry. La borsa scese inesorabilmente lungo la manica della camicetta di seta.
Urtai il viso sul sedile in pelle scura, mentre mi legavano i polsi con delle fascette di plastica. L'ultima cosa che vidi fu un fazzoletto bianco avvicinarsi al viso.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now