Te.

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1 Ottobre 2015

L'aumentare della pioggia ci costrinse a trovare rifugio al coperto. Ci sistemammo al tavolino di una piccola caffetteria, ordinammo un caffè ciascuno e attendemmo di essere serviti, dopodiché Jason prese la parola.

"So che mi credi un pericolo ma posso assicurarti che non lo sono"

Abbassai lo sguardo colta sul fatto, portando la tazza fumante alle labbra.

"Non ti credo un pericolo"

"È inutile che lo neghi, sappiamo entrambi che è così, altrimenti perché mi guarderesti come se fossi un sociopatico?" Non aveva tutti i torti, ma poteva biasimarmi? Stavo bevendo un caffè con un perfetto sconosciuto che mi aveva fermato nel mezzo di una strada deserta chiamandomi per nome. Dichiarando di non sapere della mia amnesia e di essere completamente all'oscuro di ciò che si presumeva mi fosse capitato, nonostante le molteplici testate giornalistiche che avevano scritto di me nelle ultime settimane. Ero terrorizzata. Non potevo fare a meno di guardarlo come un sociopatico.

"Perché sei spuntato dal nulla pretendendo di conoscermi" Jason non rispose, limitandosi ad annuire.

"Scusami se sono stato aggressivo, ma appena ti ho visto mi sono sentito in dovere di fermarti."

"Per quale motivo? Se fossi davvero il mio avvocato ne sarei stata informata e avremmo avuto un incontro ufficiale" affermai sulla difensiva, provando a capire le vere motivazioni di quello strano ragazzo.

"Perché tra qualche mese comincerà il processo, e volevo informarti di ciò prima della polizia. Non abbiamo avuto modo di incontrarci perché la tua famiglia non ha voluto che fossi coinvolta delle dinamiche legali, fin ora se nè occupata tua madre, ma essendo tu a dover presenziare in tribunale ho ritenuto fosse opportuno parlare con te. Ci sono cose di cui dobbiamo discutere, e potrei anche aiutarti a ricordare chi eri prima."

Non sapevo che rispondere. Sembrava sincero. In effetti, nonostante facessi fatica a ricordare dell'ultima volta che avevo visto mia madre, sapevo che mi stava tagliando fuori da ciò che riguardava l'accaduto. Forse per proteggermi, o magari per nascondere qualcosa, in ogni caso era giusto che sapessi.

"Va bene, dimmi quello che sai. A cominciare da cosa pensano sia successo, e in che rapporti fossimo noi due." Jason sorrise debolmente, rilassandosi.

"Il 4 aprile 2015 sei scomparsa, dopodiché i primi di settembre ti sei presentata barcollante e ricoperta di sangue in una stazione di polizia al confine della città. Non sapevi dire da dove venissi, chi fossi, o che cosa ti fosse capitato. In un primo momento la polizia aveva intenzione di arrestarti. Per le condizioni di salute in cui ti ritrovavi decisero di farti portare in ospedale d'urgenza, dopo averti identificata mi chiamarono e informarono dell'accaduto, in quanto tuo avvocato. Ad oggi la polizia non sa ancora dire che cosa ti sia successo, in ospedale hanno detto che hai subito ogni genere di violenza. Presentavi numerose ferite superficiali e interne." Evitò di entrare nei dettagli. Anche se avrebbe voluto, si rese conto che forse era meglio non sbilanciarsi. "Al momento abbiamo un solo sospetto per il tuo rapimento, un uomo con precedenti di violenza sessuale. L'accusa non regge molto, per confermare la condanna sarà necessario un riconoscimento da parte tua."

"Non posso accusare un uomo innocente. Ignoro chi sia stato."

"Potrebbe essere l'unica occasione per mandare definitivamente in carcere il responsabile" continuò Jason, rimarcando l'importanza de mio ruolo. Io non me la sentivo.

"Da qui a quando ci sarà il processo potrebbe esserci una svolta nelle indagini, mi sembra tutto troppo affrettato." Perché tutta quella fretta di chiudere quella storia? Nascondeva qualcosa.

"Va bene, abbiamo tempo" si rassegnò "Mi hai chiesto in che rapporti fossimo. Voglio essere sincero con te, oltre il normale rapporto cliente-avvocato, eravamo amici di lunga data" Se ciò che diceva era vero, perché non venire a cercarmi prima?

Annuii fingendo comprensione, quel ragazzo non mi convinceva. Avevo la sensazione sempre più vivida che mi stesse nascondendo la verità.

Posai lo sguardo sull'orologio da polso: le quattordici. All'esterno la pioggia non era cessata un solo minuto, al contrario sembrava aumentata.

Jason carpì in parte le mie preoccupazioni.

"Se vuoi posso darti un passaggio a casa" un dubbio mi assalì: potevo fidarmi di lui? Ovviamente no, ma avevo bisogno che credesse il contrario. Così accettai il suo invito.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now