Notte

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24 gennaio 2016

Un rumore nella notte interruppe il mio sonno.

Spalancai gli occhi stringendomi nella trapunta, inghiottita dall'oscurità.

L'orologio ticchettava nel corridoio puntualmente inquietante, accompagnando il silenzio del riposo, mentre il resto della casa taceva.

Dopo qualche minuto provai a riprendere sonno, con la convinzione di essermi immaginata quello strano rumore.

Ma tutto d'un tratto, una folata di vento fece cadere qualcosa in salotto. Sobbalzai spaventata e rimasi per pochi secondi al sicuro fra le coperte, in attesa che accadesse qualcosa, ma ricordai di aver chiuso personalmente tutte le finestre, così decisi di recarmi in salotto per controllare.

Cominciai a pensare che Sharon fosse riuscita a trovarmi e la paura di morire si insidiò nella mia mente come uno spiffero invernale, gelandomi il sangue. Aveva parecchi motivi per volermi uccidere, ma il solo pensiero della morte mi terrorizzava.

Afferrai la lampada sul comodino brandendola con entrambe le mani e mi inoltrai nel corridoio buio della casa.

Tutto taceva. Una leggera brezza fredda mi provocò i brividi sfiorando le caviglie nude, mentre l'orologio ticchettava ancora, senza sosta.

A passi lenti e decisi raggiunsi il salotto openspace, illuminato dalla flebile luce lunare che donava al mobilio un aspetto elegante e sinistro, quasi diabolico.

Non domandai chi ci fosse, immaginai che in ogni caso non avrebbe risposto nessuno, infatti fu proprio quel nessuno a parlare per primo accorgendosi della mia presenza.

"Ciao Adeline" disse una voce nell'oscurità. Nonostante la tensione rimasi sorpresa nel vedere Sheeba Akter seduta sul divano non appena accese la piccola lampada da tavolo al suo fianco che le illuminò il viso.

"Finalmente ci incontriamo" continuò la donna compiaciuta.

"Non posso condividere il tuo entusiasmo Melissa... O preferisci che ti chiami Sheeba?" Chiesi.

Lei sorrise, cogliendo la mia provocazione.

"Davvero una bella domanda, chiamami come più preferisci, Alexis" controbatté lei in tono calmo e pacato con tagliente sarcasmo.

"Perché sei qui?" Fu una domanda scontata ma necessaria, dovevo capire cosa volesse da me.

"Non sono qui per ucciderti, se è questo che temi, mi servi viva" affermò lei con disinvoltura.

"Cosa vuoi Sheeba?"

"Voglio giustizia"

"Giustizia per chi, per me? Che strana coincidenza, non eri tu il sicario che doveva uccidermi per conto di Sharon Bloss?"

"Per me, Adeline. Sharon mi ha incastrata nell'omicidio di quell'attrice e tu sei l'unica che può aiutarmi." Affermò con risentimento.

"In che modo? È la verità. Eri stata incaricata di uccidermi e magari hai scambiato lei per me." Replicai stringendo la lampada fra le mani.

"Non avrei mai fatto un simile errore, il mio incarico era di uccidere proprio lei, quell'arrogante attrice da due soldi, ma ho rifiutato il lavoro" rispose scaldandosi.

Lentamente mi avvicinai puntandole l'oggetto al viso.

"Quindi chi può essere stato, non c'era nessun altro che avrebbe potuto ucciderla" riflettei ad alta voce.

"Sharon protegge qualcuno, per questo mi serve il tuo aiuto. Ho bisogno delle chiavette Adeline" disse lei con fermezza.

"Chi mai potrebbe essere così importante per lei da rischiare la sua incolumità..." pensai ad alta voce, ma poi arrivò l'illuminazione "Jason..." sussurrai.

Quel ragazzo aveva ucciso l'attrice, come era responsabile dell'omicidio di Adrian e del tizio che uccise Philip Edwards, ma ancora non ne capivo le motivazioni.

"Le chiavette" ripetè Sheeba senza ascoltarmi.

"Non te le darò mai, e poi come credi di spiegare le circostanze in cui le hai avute?" Chiesi con fermezza.

"Dirò che me le hai date tu" rispose lei tranquilla.

"Io non esisto più" replicai con aria di sfida.

"Se non mi darai quelle dannate chiavette ti consegnerò a Sharon, e non è il tipo di persona che dà seconde possibilità. Probabilmente ti obbligherebbe a sposare il figlio, firmare un testamento in cui intesti tutte le tue proprietà a Jason, e poi ti ucciderebbe. Il tutto nel giro di una settimana" disse minacciandomi.

Valutai le opzioni che avevo: la più immediata fu di urlare per svegliare Henry e William, ma poco prima avevo notato un luccichio nel buio dove si trovava la mano di Sheeba e avrei scommesso si trattasse di una pistola; un'altra era affrontarla senza la minima speranza di vincere, e la più semplice era darle quelle dannate chiavette. Decisi di assecondarla, presi le memorie e gliele consegnai convinta che fosse finita, ma mi ritrovai presto con una pistola puntata sul fianco destro e una mano sulla bocca. Lasciai cadere una lampada sul pavimento che si frantumò in mille pezzi.

"Dove credi di andare? Verrai con me, sei la mia garanzia. Se le chiavette sono vere sarai libera, altrimenti ti consegnerò a Sharon. Non fare l'eroina o ti uccido, e sappiamo entrambe quanto ci tieni alla vita"

Mi trascinò sulla sua auto, parcheggiata dal lato opposto della strada, e una volta a bordo sollevai lo sguardo verso l'appartamento di William. Si accese una luce e un'ombra sfocata passò davanti al vetro.

Sperai che Henry mi perdonasse, mentre per l'ennesima volta sparivo dalla sua vita senza dare spiegazioni.

Repulisti - La ragazza senza nomeOù les histoires vivent. Découvrez maintenant