Epilogo

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La ragazza sentì le dita di Henry sfiorarle una caviglia mentre si lasciava cadere nel vuoto, ma purtroppo nulla poté fermarla. Adeline si pentì troppo tardi di essersi lasciata trasportare dalle emozioni fino a quel punto. Si frantumò a terra con immenso dolore.

Trascorse qualche secondo in agonia prima di morire, accompagnati dall'urlo soffocato del suo fidanzato che si perdeva fra quello dei passanti.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò nell'oscurità di una stanza d'albergo. Un orologio ticchettava nel buio scandendo i secondi che inesorabilmente scivolavano via.

Aveva fatto di nuovo quell'incubo, la perseguitava ormai da due anni.

Accese la lampada accanto al letto e puntò lo sguardo sul soffitto.

La sua vita era diventata insipida dal giorno in cui era rimasta sola. A volte riusciva ancora a sentire la voce calda di William comunicargli che Henry e Valerian non ce l'avevano fatta, ma le lacrime avevano smesso di rigarle il viso ormai da tempo, le era rimasto solo un amaro senso di colpa che la logorava giorno per giorno.

Si alzò in piedi sospirando, e aprì le tende della finestra scoprendo un cielo scuro.

Dopo essersi fatta una doccia calda si vestì e si tuffò nella città.

Era stata costretta a cambiare nome, città, lavoro. Non aveva più niente di suo.

Mentre faceva jogging per le strade si confondeva fra gli sportivi e i passanti distratti, come un granello di sabbia in una spiaggia californiana. Solo così riusciva a sentirsi libera, e quasi felice di essere ancora viva.

Quel giorno era destinato dare una svolta alla sua vita, ma Adeline non lo sapeva ancora.

Si fermò esausta ad un angolo del marciapiede, al sicuro dal flusso di persone. Posò le mani sulle ginocchia respirando affannosamente.

Era stanca di vivere nell'ombra, sola, senza la possibilità di rifarsi una vita. Desiderava essere morta insieme a lui, che non avessero mai avuto la malsana idea di cercare la verità e che fossero insieme, non importava se vivi o morti. Ma così era una tortura. Sapeva che lui non avrebbe mai permesso che si consumasse in quel modo, però non riusciva a contrastare il dolore. Era tutta colpa sua.

Ed ecco il pizzicore alla base delle orecchie, gli occhi che si inumidivano e i muscoli del viso che si contraevano in un'espressione sofferente. Stava per crollare. Non aveva una crisi da circa dieci mesi, il periodo più lungo che avesse fatto senza versare una lacrima per Henry, ma ormai non ce la faceva più. Era colma di rimpianto e tristezza.
Prima che sgorgasse anche solo una lacrima, Adeline si ricompose tirandosi in piedi. Doveva andare avanti, era l'unico modo. E nonostante fosse mattina presto decise che aveva bisogno di un drink, così entrò in un bar.

Il locale era semivuoto, un paio di persone al bancone sorseggiavano del caffè, mentre un uomo leggeva il giornale ad un angolo.

Ordinò un bicchiere di Bourbon, ignorando lo sguardo del barista: avrebbe lasciato che giudicasse, non le importava.

Bevve l'alcolico tutto d'un fiato, provando a seppellire la sua sofferenza per l'ennesima volta. Poi tornò in strada riprendendo la corsa per tornare al suo alloggio, ma quando ormai mancavano pochi metri all'hotel, fece per attraversare la strada non udendo un tir in arrivo. Un attimo prima che avvenisse il disastro venne strattonata sul marciapiede, e fu allora che lo vide: sotto un cappotto scuro si nascondeva il ragazzo che le aveva salvato la vita per la seconda volta. Le sembrò un'allucinazione, per questo rimase pietrificata.

Si alzò in piedi ma rimase a fissare lo strano individuo perplessa.

"Buon Dio..." Affermò il giovane, sgranando gli occhi. E all'udire di quella voce Adeline non ebbe dubbi, era lui.

"Henry..."sussurrò.

"Adeline?"

"Pensavo fossi morto!"

"Io pensavo fossi morta!"

Si guardarono per un breve attimo, senza dire una parola: sbalorditi ma allo stesso tempo al settimo cielo. Ciò che provavano era un'insieme indescrivibile di emozioni.
Si chiesero quante possibilità ci fossero che si potessero incontrare di nuovo in una situazione identica alla prima volta. Poi sorrisero euforici e si abbracciarono. Niente e nessuno sarebbe più riuscito a separarli. Erano insieme, e per qualche strano motivo si erano ritrovati: non avrebbero sprecato un'altra possibilità.

L' Universo era riuscito a compiere il suo volere, aveva seguito sin dall'inizio una linea precisa proprio per far arrivare questa storia al punto in cui siamo.
Adeline aveva ritrovato l'amore della sua vita nel più improbabile dei modi, ed era felice, ma aveva anche perso una parte del suo cuore. Non a causa della falsa morte di Henry, piuttosto per la scomparsa del fratello che riposava in pace nel cimitero della sua città natale, vittima delle conseguenze di ciò che avevano fatto.
Ma come tutte le storie, anche se da quel punto di vista sembrava che le loro azioni avessero portato solo che dolore, dall'altro si notavano dei piccoli risvolti positivi. Non paragonabili con la morte di un fratello, ma comunque soddisfazioni personali.

Sharon Bloss infatti, come il marito e il figlio, stava scontando il suo ergastolo in carcere. William aveva ottenuto una promozione e una medaglia al valore, mentre Lauren Caster veniva condannata a dieci anni di arresti domiciliari e lavori sociali.

Secondo i verbali della polizia l'organizzazione criminale venne smantellata, le vittime liberate e ogni singolo contribuente arrestato. Ma le indagini non si sono mai concluse.

In poche parole quindi, quella storia non era ancora finita, ma per Adeline sarebbe rimasto un capitolo chiuso.

Repulisti - La ragazza senza nomeWhere stories live. Discover now