Gabriel Fernando de Jesus;

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Gabriel Jesus, Manchester City

Indossavi degli shorts bianchi a vita alta, con delle borchie e un crop top rosso fuoco che faceva intravedere le tue clavicole. Il bianco faceva risaltare la tua pelle leggermente scura per le tue origini, Brasilia. Avevi anche messo al polso dei bracciali e ai piedi delle Stan Smith. Era una giornata particolarmente calda a Manchester e tu ne approfittasti per liberarti di pantaloni e maglie lunghe: l'estate era la tua stagione preferita. Non volevi indugiare ad uscire per goderti quella giornata di sole, così infilasti le chiavi in borsa e scendesti le scale saltellando, fin quando non lo trovasti sulla tua strada. Eccolo, mentre sorrideva per qualcosa al telefono.

"Sei un coglione, lo sai che le ragazze non si trattano così." Continuava a ridere, evidentemente ironico. Dalla voce proveniente dal cellulare, capisti che era in videochiamata con Kevin. Ti rincuorava vederlo ridere dopo la litigata che avevate avuto il giorno precedente e anche se ti doleva ammetterlo, era colpa tua. Spesso reagivi come una bambina e dicevi cose che non pensavi. Venerdì sera c'era stata la cena della società e lui aveva deciso di andarci da solo. Era tornato alle sei di mattina ubriaco fradicio e aveva trascinato in casa vostra anche Stones e Sané. Tu avevi appena finito il turno notturno come infermiera ed eri stanca morta, avresti voluto soltanto dormire. Invece ti eri dovuta occupare dei tre calciatori. Fin qui avevi ragione, ma la mattina seguente, presa dalla rabbia, gli avevi urlato parole davvero brutte, considerando che era il tuo migliore amico. Avevi detto che forse era il momento di iniziare a trovarsi un lavoro vero, invece di continuare a tirare calci dietro a un pallone, che era uno stupido che si approfittava della tua bontà, che era un egoista e pensava solamente a sé stesso. Insulti che nessuno avrebbe mai potuto rivolgere a Gabriel, perché non era una persona del genere. Lui ci era rimasto male, perché nonostante tutto era sensibile e quindi quella giornata l'aveva passata interamente fuori, tornando poi la sera, quando tu eri già al lavoro.

"Hey." Accennasti tu, per provare a farti notare. Lui posò lo sguardo su di te e rimase in silenzio.

"Hey amico, chi è? Quella figa del quarto piano che abbiamo incontrato l'altra volta in ascensore?" La voce dal telefono interruppe il breve momento di silenzio tra di voi.

"No coglione." Rispose accigliato, ma accennando un sorriso.

"Sono y/n, ciao Kev." Lo salutasti e il tuo amico ti inquadrò con il cellulare.

"Dove sei stato?" Provasti a chiedere, mordendoti il labbro.

"Non ti interessa." Pronunciò in un soffio, fissandoti quasi da farti sentire a disagio.

"Allora ci vediamo dopo..?" Dicesti facendolo suonare più come una domanda.

"Non sarò a casa." Ti liquidò, svoltando l'angolo.

"Okay." Sussurrasti sconsolata. Odiavi litigare con lui perché era il tuo migliore amico, una spalla, un compagno di vita e non poter avere il solito rapporto di dispiaceva molto. Intanto, facendo attenzione alla voce del tuo amico, sentisti un paio di frasi "abbiamo litigato", "ha detto delle cose che non doveva dire, questa volta non mi scuso io, assolutamente", o almeno qualcosa di simile.

Decidesti che la prima cosa che avresti fatto una volta tornata a casa sarebbe stato chiarire e poi abbracciarlo forte. Non perdesti altro tempo e ti dirigesti in centro per sbrigare delle commissioni. Tentasti di ritornare a casa con almeno quaranta minuti di anticipo, così da avere la minima possibilità di trovare Gabriel al tuo arrivo.

Fortunamente fu così, probabilmente guardando il film che stavano trasmettendo alla televisione, si era addormentato, forse perché lo aveva già visto oppure perché era tremendamente noioso. Fatto sta che era sdraiato sul divano, con una gamba che penzolava, la guancia sinistra schiacciata contro il cuscino e le labbra carnose schiuse. Per completare il magnifico quadro, russava.

Sorridesti dolcemente a vederlo in quelle condizioni e mettesti la coperta sulle sue gambe. Lo facevi sempre perché era una fissa. Non importava la stagione, lui quando si addormentava voleva essere coperto, almeno in parte. E tu da buona migliore amica, lo accontentavi sempre.

Stavi bevendo il caffè quando lui si svegliò. Si rigirò sul divano e sbadigliò, dopodiché aprì gli occhi molto lentamente e tu non esitasti.

"Scusami tanto. Non volevo dire quelle cose. Io non le penso neanche. Non so come mi siano uscite dalla bocca, infatti mi sento una brutta persona. Non è vero che sei un egoista e che pensi soltanto a te stesso, perché quando vai a fare la spesa mi chiami e mi chiedi se ho voglia di qualcosa, oppure perché quando io non ho voglia di andare a buttare fuori la spazzatura vai tu, o perché quando faccio il turno di notte mi fai trovare sempre qualcosa da mangiare al mattino. Poi scusami se ho insultato una delle cose che ami di più al mondo, tu hai un grande talento e ti assicuro che questo è il lavoro giusto per te. Ho sparato un sacco di cazzate e anche se tu non ti eri comportato bene con me, non avevo il diritto di dire tali cattiverie. Mi perdoni?" Ti sfogasti tutto d'un fiato non prendendo un attimo di pausa. Lui aveva un'espressione assonnata e aveva portato le mani dietro il capo per sostenerlo, così da gustarsi meglio lo spettacolo di una pazza psicopatica, che ora lo guardava con un sorrisetto speranzoso.

Lui si alzò, non ti guardò e si diresse per il corridoio, né un cenno, né un sorriso, solo tu che lo osservavi camminare. Sbuffasti sonoramente, rannicchiasti le ginocchia al tuo corpo e iniziasti a piangere, rendendoti conto che la litigata avuta precedentemente era più grave del previsto. Non volevi che per una tua reazione tutto si sarebbe sgretolato.

"Hey my lady, perchè piangi?" Sentisti un peso appoggiarsi sul divano di fianco a te. Ti aveva chiamato con il tuo soprannome. Tu alzasti lo sguardo e lo fissasti, mordendoti il labbro nervosamente. Lui ti asciugò le lacrime e ti accarezzò i capelli.

"Guarda che ti ho perdonato, ero soltanto andato a prendere questa fetta di tiramisù. L'ho portata a casa dalla cena per te, sapendo che ti piace. Ho pensato che bevendo il caffè sarà ancora più buono." A quel punto gli saltasti in braccio stringendolo forte.

"Lo so che non le pensi davvero quelle cose." Ti baciò la fronte

"Mi sei mancato tanto." Sussurrasti al suo orecchio, sfiorando per sbaglio il suo orecchio con le tue labbra, provocando un brivido ad entrambi.

"Anche tu, my lady." Ti lasciò un bacio caldo sul collo.
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Dedicato a princessfootball

Scusa per il ritardo, spero ti piaccia!

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