November rain

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Il mese di novembre passò lento e tedioso.
La stragrande maggioranza delle giornate furono fredde e nebbiose, come i pensieri nella mia mente. Dopo il funerale mi sentii con Alex un paio di volte.
Appresi con gioia della definitiva rottura con Silvia. Mi disse di non poterne più delle sue stramberie e della sua continua gelosia nei miei confronti, inoltre, mi confessò di non averla mai baciata, neanche una volta e di non averlo mai desiderato fare.
La loro storia era stata solo una messa in scena architettata dalla mente contorta della mia ex amica.

In quel periodo mi recai spesso al cimitero a trovare zia Eleonora. 
Sceglievo sempre le giornate più strane, piovose, non so bene perché, ma credo che la vecchia canzone che metteva spesso durante i nostri vecchi pomeriggi passati mentre la guardavo dipingere, mi suggerissero proprio quelle giornate speciali.
Imparai ad amare la solitudine che solo quel luogo sa donare.
Lo so, sembro pazza, ma vi assicuro che il cimitero è un luogo speciale dove, se ci credi, puoi ritrovare la pace interiore che cerchi. Non mi vergogno a dirlo ma è proprio in quel luogo che ho ricominciato ad amare la vita, ad amarla nei suoi piccoli momenti di quotidianità.
Spesso, dopo la scuola, passavo l'intero pomeriggio lì, seduta accanto alla sua foto a raccontarle le cose più disparate su di me o su sua sorella Lily. Le raccontavo dei miei progressi negli allenamenti, delle mie scoperte su quel mondo cui lei ormai apparteneva.
 In quel periodo feci anche amicizia con i gattoni che vivono stabilmente al cimitero. Due, in particolare, mi parlavano... Non facevo in tempo a fermarmi dinnanzi il mausoleo di famiglia, che facevano capolino tra le lapidi disseminate nei dintorni per poi avvicinarsi con tanto di fusa e codini alzati!
Gli diedi anche un nome ciascuno; il maschietto lo ribattezzai Fùcur perché bianco come il  Drago della Fortuna della Storia Infinita e la femminuccia la soprannominai Momo, perché intraprendente come la piccola che sconfigge i Signori grigi tiranni del tempo.
Spesso avevo pensato di portarmeli a casa, ma compresi che quello era il loro regno e che se veramente gli volevo bene dovevo solo portar loro qualcosa da mangiare e rispettare la loro indole naturale del vivere liberi.

Grazie a quel periodo di calma non sognai più zia Eleonora e ricominciai a dormire quietamente. Il tempo trascorse inesorabile e nemmeno Daniel venne più a trovarmi.
Iniziai a concentrarmi seriamente sulla scuola e sul mio dovere di Guardiana.
Le indagini furono sospese, il caso fu momentaneamente archiviato.
Io sapevo la verità e questo mi dava la forza necessaria per andare avanti, anche la nonna se n'era fatta una ragione. L'unica che destava preoccupazione era mia madre. Aveva cominciato a parlare poco e passava interi pomeriggi rinchiusa nella sua stanza a dormire- così diceva- ma spesso passando davanti alla sua porta la sentivamo singhiozzare sommessamente.

Ormai andavo e tornavo da scuola con i mezzi pubblici e in treno mi ero fatta nuovi amici.
Il ragazzino dai capelli rossi che avevo incrociato la prima volta, era diventato un mio compagno di viaggio abituale. Scoprii che abitava a Ispra, un comune vicino al mio, e che frequentava il primo anno di una scuola professionale a Milano.
Lalla venne a trovarmi per il ponte dell'Immacolata, ma si trattenne solo una notte perché dovette ripartire per Roma a causa degli impegni lavorativi. Mi disse che stava cercando casa con Marco e che i preparativi per il matrimonio procedevano bene, aspettava solo me per cercare l'abito. La rassicurai dicendole che dopo Natale sarei stata tutta per lei, ma la verità era che dopo la morte di Eleonora non avevo pensato più a nulla. Avevo deciso di fare come Daniel mi aveva consigliato e, nell'attesa del mio diciannovesimo compleanno, il poco tempo a mia disposizione lo sfruttavo per prepararmi alla ricerca della Pergamena.

Gli attacchi demoniaci, per il momento, erano cessati, ma non mi cullavo sugli allori. Sapevo bene che quella pace apparente era solo la tregua prima che si scatenasse l'inferno.
Andrea comunque, per un po', non mi diede fastidio e la fatidica cena annunciata da suo padre poco dopo la morte di mia zia, saltò a causa di un'improvvisa influenza che colpì la signora Sforza, così ci fu un problema in meno da affrontare.
Insomma, tutto sembrava ricominciare a scorrere nel verso giusto.
Avevo ripreso i miei allenamenti a ritmo serrato. Ero diventata più forte, sia fisicamente sia emotivamente. Il fuoco che Daniel mi aveva donato mi scorreva nelle vene come sangue, alimentando la mia forza vitale.
Mi sentivo forte come un leone, quasi invulnerabile!
Non c'era giorno che non provavo tutte le tecniche che mi aveva insegnato, ma quello che prediligevo era restare in ascolto, seduta nella mia piccola radura. Amavo meditare ascoltando il canto dei merli o dei pettirossi intenti a preparare i nidi per l'arrivo della stagione fredda; anche le mie corse verso il monastero si erano intensificate e spesso quando ancora il cielo era costellato dalle ultime stelle prima dell'alba, mi ritrovavo a percorrere la lunga scalinata su e giù, fino a perdere il fiato.

Le strenne natalizie giunsero impetuose.
Mio padre si fece trascinare dalla solita euforia che puntualmente, ogni anno, lo colpiva. Cominciò a sballottarmi da un negozio all'altro in cerca dei regali perfetti... fu in grado di condurmi all'esasperazione per il regalo di mia madre!
Ora che il pancione le era cresciuto parecchio, si era fissato che doveva regalarle uno di quei cuscini imbottiti con miriadi di perline di polistirolo che seguono la fisionomia del corpo e aiutano a trovare la giusta posizione nel letto.

«Papà, non insistere, la mamma non lo userà mai... Sai com'è fatta!» gli ripetei ancora, fino alla nausea, uscendo dall'ennesimo negozio setacciato.

«Non capisco perché pure tu sei ostile alle comodità! Persino la commessa ha ammesso che il cuscino potrà essere utile anche dopo il parto, per l'allattamento!»

«Sei incorreggibile!» dissi arrendendomi.
Era testardo come un mulo. Dovetti trascinarlo via a forza per convincerlo a cercare qualcosa di più consono.
Quando finalmente riuscimmo a raggiungere il negozio di gioielli dov'ero solita fermarmi, lo convinsi a entrare con me.
Qualche giorno prima ero stata lì e avevo adocchiato un piccolo bracciale in oro bianco e volevo convincere anche lui a optare per un regalo del genere. La mamma è sempre stata un tipo più romantico e tradizionalista.

«Voglio regalarlo alla mamma!» dissi mostrandogli orgogliosa il mio regalo «Così quando lo indosserà penserà sempre a me!»
Papà sorrise e capì qual era la giusta via da percorrere per rendere di nuovo felice mia madre; alla fine si arrese e le acquistò un anello.
Da un po' di tempo tutti cercavamo il modo per renderla di nuovo felice.
Dall'omicidio della sorella, ormai, erano passati quasi due mesi, eppure, non riusciva ancora a riemergere dallo stato depressivo in cui era sprofondata. E anche se il mio fratellino continuava a crescere bene, ciò sembrava non darle più di tanto soddisfazione.


Spazio autrice:

Ciao a tutti!
Scusate l'assenza ma le feste di Natale per me sono sempre un tour de force...

Bando alle ciance... Allora che ne pensate? 

Fatevi sentire, commentate!

😉😘

GUARDIANA DEL DESTINO - La pergamena del destinoWhere stories live. Discover now