Michael

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Il mese di febbraio arrivò carico di novità, prima fra tutte la pagella di chiusura quadrimestre.

Tirando le somme, dopo tutte le peripezie che avevo affrontato, non andò così male come pensavo. Daniel fu entusiasta dei suoi nove e dieci.

«Cosa non ti riesce!» esclamai quando vidi la sfilza di voti stampati sul foglio.

«È questione di tempo, vedrai...», replicò lui per giustificarsi «Anche tu riuscirai a fare altrettanto.»

Lo guardai con scetticismo perché sapevo che molte capacità le aveva acquisite da angelo, tra cui le dieci lingue che era in grado di parlare e la musica che gli scorreva nelle vene come fosse sangue, ma mi sarei accontentata di conoscere anche solo un decimo di quello che sapeva lui. Comunque volevo credere a quello che diceva, glielo dovevo.
La brutta avventura di due settimane prima era diventato subito un ricordo sbiadito.
Daniel non volle mai raccontarmi cosa subì durante la prigionia, ma io lo dedussi dalle cicatrici che gli trovai addosso alcune sere dopo il suo ritorno a casa.

Sulle scapole aveva segni di bruciature, molto fresche, e non credo sia stato piacevole per lui vedersele infliggere. Io ero impressionata, adirata, perché potevo impedire che tutto quello accadesse e invece...
Smisi di chiedere. Non voleva spaventarmi, chiaramente, ma non poteva nascondermi in eterno cosa gli avevano fatto e non mi fu nemmeno tanto difficile immaginarlo, visto che ne avevo avuto un assaggio io stessa mentre aspettavo che lo liberassero.

Sì, le visioni che mi avevano tormentata, alla fine, appurai che erano state quello che lui aveva realmente patito in quelle tragiche ore.
I nostri pensieri, come già successo in passato, si erano sincronizzati proprio in quei momenti difficili e forse era stata proprio quella strana "sintonia" a mantenerlo in vita, la capacità di sentirci a vicenda.

La cosa che mi lasciò perplessa in tutta quella brutta faccenda fu scoprire che Andrea avesse tagliato la corda poco prima che scoprissimo dove fosse imprigionato Daniel.
Lucas, infatti, mi riferì che non trovarono nessuna resistenza ad accoglierli e che fu semplice liberarlo.

A quel punto un unico quesito cominciò a ossessionarmi:
Che senso aveva avuto rinchiudere Daniel nelle segrete del castellaccio, per poi lasciarlo lì, senza alcuna sorveglianza? Sì, è vero, era stata una mossa strategica che aveva fatto uscire allo scoperto l'intero schieramento celeste, ma a cosa era servito se poi non c'era stato uno scontro diretto? Qual era la vera intenzione del nemico? Studiare semplicemente l'avversario o colpire solo me?
Me lo chiesi per un po'.
Per il momento mi accontentai di quella resa momentanea, anche se in cuor mio sapevo bene che presto sarebbe tornato all'attacco, più aggressivo che mai.

I cattivi pensieri per un po' furono lasciati in disparte grazie a un lieto evento.
Il 14 febbraio, infatti, il giorno di San Valentino, nacque Michael e fu fonte d'immensa gioia per tutti.

Il parto avvenne come da manuale: solo dodici ore di travaglio e il piccolo Guardiano poté abbandonare l'Albero della Vita e discendere tra noi.
Insomma la mamma se l'era cavata egregiamente - che è dir poco per una primipara, quarantunenne!

Michael era bellissimo, proprio come il bambino che avevo conosciuto lassù.
I suoi occhi brillavano come le stelle, limpidi e pieni di vita; aveva il nasino perfetto e la boccuccia piccola e morbida come petali di rosa, la sua pelle era liscia e profumava di buono.

Daniel ed io ci soffermavamo spesso a guardarlo incantati, dietro il vetro della nursery.
«È bellissimo!» dissi una sera stringendo la sua mano, mentre eravamo in ospedale.
Lui sorrise e mi sconvolse dicendomi: «Pensa, allora, a come sarà nostra figlia!»
Il pensiero che un giorno avremmo avuto una bimba nostra, da un po' di tempo mi rendeva la realtà più dolce e sopportabile.
In quei giorni, infatti, mi ero sforzata di non pensare troppo a quello che ci aspettava e cercavo di concentrarmi principalmente sui bisogni della famiglia.

GUARDIANA DEL DESTINO - La pergamena del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora