Addio Alex

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Quella sera non riuscivo a stare tranquilla perché il momento decisivo si stava avvicinando. L'ansia mi attanagliava lo stomaco... mi sentivo come il paracadutista che è alle prese col suo primo lancio.

Arrivati davanti a casa, il cuore quasi mi si arrestò per lo shock: immobile, con sguardo gelido, poggiato alla sua Audi coupé bianca, c'era Alex.
Nonostante la sua espressione glaciale, era bellissimo. Rimasi senza fiato.

I miei si guardarono in faccia perplessi e mio padre, osservandomi dallo specchietto retrovisore, disse: «Sarah come mai c'è qui Alex? Avete litigato? A giudicare dalla sua espressione...»

Impallidii visibilmente. Mi sentivo in trappola.

«Sì!» ammisi seria «E vi chiedo di restarne fuori. È una cosa che devo sistemare da sola.» E detto ciò, prontamente, spalancai la mia portiera e scesi dall'auto prima ancora che attraversasse il cancello automatico che si stava pigramente aprendo. I miei protestarono animatamente, ma non gli diedi ascolto. 

Il cuore prese a battermi fragorosamente in petto, l'agitazione stava per prendere il sopravvento.

Corsi verso Alex, ma a metà strada rallentai. Non volevo dargli l'impressione sbagliata, inspirai e cercai di rimanere calma.
Appena mi vide, istintivamente, fece un movimento come per prendermi al volo tra le sue braccia ma poi si bloccò: sul mio viso doveva esserci un'espressione così strana e diversa da pietrificarlo all'istante. Io mi sentivo solo molto fredda e distaccata. Credo che capì tutto da quel mio sguardo... aveva compreso di avermi persa per sempre.

Mi avvicinai: «Ciao», dissi calma. 

«Ciao», rispose rassegnato. L'espressione che aveva sul viso al mio arrivo, era stata sostituita da sconcerto e avvilimento.

«Ti dispiace se ci allontaniamo da qui?» dissi risoluta.

«Va bene, sali in auto» rispose cauto.  Aprii la portiera e mi accomodai al mio posto. 

È l'ultima volta che ci salgo, pensai mesta. Il dispiacere mi stava soffocando ma non potevo cedere, dovevo fare quello che avevo deciso.

«Dove andiamo?» domandò amaro, dopo un attimo.

«Metti in moto e parti» ordinai freddamente.

Alex stranamente accondiscese e non si ribellò minimamente. Percorremmo per un poco la provinciale in direzione di Angera in totale silenzio. Nessuno di noi due prese l'iniziativa di parlare, Alex si limitò ad accendere lo stereo in sottofondo.
Io scrutavo fuori dal finestrino, lui teneva gli occhi fissi sulla strada; sembravamo due perfetti sconosciuti che condividono un taxi. La musica per un attimo mi riportò alla mente i bei momenti passati insieme.
Le lacrime si affacciarono agli occhi, pronte a esplodere, le sentivo lì aggrappate a velarmi lo sguardo. Inspirai a forza, ricacciandole indietro perché non potevo lasciare che accadesse.
Arrivammo fin nel centro cittadino poi non so come, ci perdemmo per i vicoletti e in un attimo ci ritrovammo in collina.

Riconobbi il luogo all'istante:  eravamo finiti davanti all'antica Rocca.

Che ironia! pensai. Questo è il luogo dove mio padre ha chiesto la mano di mia madre! Io invece lo ricorderò perché ci sto definitivamente lasciando il mio primo ragazzo, quello che credevo d'amare veramente!

Alex accostò l'auto sul ciglio della strada che s'inerpica vicino alla piccola fortezza e appena spense il motore, il silenzio ci avvolse surreale.
Il buio della sera era rischiarato solo dalla morbida luce lunare. Fuori dall'abitacolo i suoni del mondo scomparvero all'istante; dentro, invece, si udiva il battere frenetico dei nostri cuori.

GUARDIANA DEL DESTINO - La pergamena del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora