Senza rimpianti

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La salita al lago fu tutt'altro che facile rispetto alla prima volta che c'ero stata, perché anche se la luna piena illuminava a giorno la fitta boscaglia che ci circondava, le tenebre ci impedivano di vedere bene la strada.
Il mio cuore, man mano che ci avvicinavamo al lago, batteva sempre più rapido. Uno strano presagio di sventura si stava lentamente abbattendo su di me.

Arrivai persino a supplicare Daniel: «Ti prego, fermati!», dissi sull'orlo di una crisi di nervi.

«No» rispose lui ancora molto teso. Continuava a rimanere sul chi va là nonostante fossimo ormai lontani dal pericolo.

Finalmente giungemmo alla fine della strada che s'inerpica su, fino al lago. Il piccolo bacino idrico si presentò silenzioso e oscuro dinanzi a noi. Avevo immaginato molte volte di tornarci con lui, ma non certo in una circostanza tanto assurda quanto può essere lo sfuggire a un nemico.
Daniel accostò la macchina vicino a un piccolo edificio rurale che affacciava direttamente sul lago, doveva essere un piccolo rifugio o qualcosa di simile. Mi guardai un po' intorno e notai subito che il livello dell'acqua era molto più alto rispetto a quando c'ero salita con mia madre.

Il bacino da anni alimenta una centrale elettrica e l'afflusso d'acqua è regolato da un sistema di chiuse. Quando ero stata lì con la mamma, infatti, il livello era molto più basso perché era domenica, invece quel sabato era nettamente più elevato.

La luna si specchiava beffarda sul pelo dell'acqua e mi diede quasi l'impressione che stessi guardando in un pozzo senza fondo. Distolsi lo sguardo e cercai di capire cosa stesse combinando Daniel. Senza dire nulla era sceso dall'auto e aveva iniziato a perlustrare la zona.
Io ne approfittai e passai sul sedile anteriore. Avevo paura a scendere dalla macchina, così mi avvolsi nella sua giacca e rimasi a guardarlo accucciata al mio posto.

I raggi di luna lo colpivano in modo innaturale... m'impressionai perché per un attimo mi parve incorporeo come uno spirito.

«Oddio, ma che cosa sto pensando!» mi rimproverai .Per scacciare quel brutto pensiero inspirai profondamente ed espirai nella speranza di rilassarmi.
Guardai il display dell'orologio digitale della macchina, segnava le 4:00 del mattino.
«Ma che ci facciamo qui?» mi domandai sconsolata con un nodo in gola.
Daniel non mi aveva sentito e così continuava indisturbato la sua perlustrazione.
In quei minuti cominciai a udire il primo cinguettio degli uccelli. Era chiaro che di lì a un'ora il sole sarebbe sorto, così rimasi a fissare il cielo scuro.

Il buio naturale che circondava il lago permetteva di vedere benissimo le stelle, più che in ogni altro luogo. Lì non c'era inquinamento luminoso a disturbare la visuale e fu bellissimo ammirare quella miriade di puntini luminosi, così lontani dal nostro mondo eppure così reali.
Sospirai per liberarmi dallo strano senso di oppressione che sentivo al cuore, poi cercai Daniel col pensiero.

Daniel! Chiamai.

Dimmi. Rispose subito.

Torna in macchina, per favore! Stai prendendo umidità e sei senza giacca ed io mi sento così sola! Piagnucolai.

Arrivo. Sono giù alla spiaggia. Rispose ermetico.
Non ricordavo che là ci fosse una spiaggia, così mi voltai per cercarlo con lo sguardo.
Riapparve proprio in quell'istante.
Lo seguii con lo sguardo finché non si avvicinò all'auto e aprì la portiera.

«Daniel!», esclamai sorpresa «Ma che hai fatto?» 

«Sono entrato in acqua» replicò incupito. Era bagnato fradicio.
Saltai agitata sul sedile.
«Come sei entrato in acqua? Perché hai fatto una cosa del...», mi zittì con lo sguardo.

GUARDIANA DEL DESTINO - La pergamena del destinoWhere stories live. Discover now