Capitolo 11: L'ultima quinta notte - Prima parte

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Cambiare le bende e disinfettare nuovamente le ferite mi ha occupato più tempo del previsto, infatti sono in ritardo e rischio di perdere il bus. Abbiamo in programma di prendere quello prima del solito per mettere in atto il piano che, se tutto va bene, ci permetterà di terminare il nostro periodo di prova come guardie notturne. Metto velocemente la mia giacca invernale, dopodiché esco di casa e corro a perdifiato verso la fermata dove Clara mi sta aspettando. Ironia della sorte questa volta non è lei a essere in ritardo.

«L'hai fatto di proposito? Credevo mi stessi abbandonando» borbotta non appena la raggiungo.

«Scusa, ma dovevo cambiare il bendaggio e non volevo farmi scoprire dai miei genitori», spiego mentre mi guardo le braccia «ho perso la cognizione del tempo».

«Sei arrivata al momento giusto, è questo quello che conta» ribatte vedendo che il bus sta arrivando.

Dopo il nostro solito viaggio verso la pizzeria abbiamo modo di cominciare i preparativi per la nostra strategia: entriamo nel locale alle undici in punto e, come previsto, quei mostri di metallo sono immobili nelle loro postazioni. Abbiamo un'ora precisa per prepararci alla nostra ultima notte di lavoro e non dobbiamo fare altro che sperare che tutto vada bene, ma il mio sesto senso è piuttosto allarmato al momento.

«Io penso ad attivare manualmente l'impianto antincendio nella giostra degli orrori, tu vai a prendere una cassa di bottiglie d'acqua», ordina la bionda avendo già in mente come agire «e strada facendo rovescia ogni singolo secchio che riesci a trovare».

«Speriamo che non arrivino i pompieri...», rispondo facendo roteare gli occhi «il direttore sarebbe capace a costringerci a continuare a lavorare qui per ripagarlo dei danni».

«Non succederà, ora vai» conclude prima di mettersi a cercare la stanza dove eravamo state rinchiuse la scorsa notte.

Non sapendo dove altro cercare mi incammino verso la prima pizzeria dello stabile, quella dove è presente la cucina. Cammino a passo spedito ignorando spudoratamente le versioni Toys, successivamente percorro il corridoio che affianca il nostro primo ufficio e infine arrivo a destinazione. Non guardo il palco, non ho il coraggio di farlo. Sono concentrata sulla mia missione, l'unica via che ho per non rivedere mai più quei mostri assetati di sangue e di vendetta. Entro in cucina e mi metto alla ricerca di quello che sto cercando: recupero una vecchia cassa vuota e la porto davanti a un enorme frigorifero; dopodiché inizio a riempirla con delle bottiglie d'acqua gelata che sono presenti sul fondo dell'elettrodomestico. Ne prendo un po', quando basta per difenderci ma non troppe da impedirmi di sollevare la cassa a causa del peso. Impiego una decina di minuti a ritornare, nonostante abbia fatto il possibile per trasportare le bottiglie ho avuto bisogno di qualche pausa per far riposare le braccia. La forza fisica non è proprio il mio punto forte.

Spalanco con un calcio il portone che collega la seconda pizzeria con l'attrazione horror e, con mia grande sorpresa, noto che dagli impianti appesi al soffitto sta scendendo acqua come se stesse piovendo. Grandioso, Clara ci è riuscita. Mi domando solo come abbia fatto, non la facevo esperta in queste cose, dopotutto non ci siamo mai trovate in una situazione in cui occorresse attivare il sistema antincendio senza dover far intervenire i pompieri. Cammino a passo spedito verso il nostro ufficio, dove l'acqua non è attiva e quindi i nostri strumenti per sorvegliare il locale non sono danneggiati. Anche se i miei indumenti e i miei capelli sono tutti umidi non mi importa, a differenza degli androidi il massimo che mi può capitare è prendere un raffreddore.

«Eccoti, hai preso le bottiglie d'acqua?» domanda mentre se ne sta seduta sulla scrivania.

«No, ti ho portato una cassa di arance» ribatto con sarcasmo prima di posarla a terra.

Five Nights at Freddy's - La SagaWhere stories live. Discover now