LYDIA

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Indossai una maglia a maniche corte nonostante fuori l'aria fosse pungente, presi il quaderno, non quello, un altro, uno su cui avrei potuto scrivere con una penna qualsiasi.

Raggiunsi nuovamente il mare, era agitato, delle onde gigantesche si innalzavano sulla distesa bluastra creando disordine, come quello che avevo in testa, quello che mi perseguitava da tempo.

Improvvisamente mi sentii anche io una filosofa, i miei pensieri erano di gran lunga peggiori rispetto a quello di un Platone o di un Schopenhauer.

Rimasi immobile a godermi il panorama circostante, il sole stava tramontando lasciando il cielo ricoperto da molteplici sfumature arancioni.
La spiaggia era completamente deserta, non riuscii ad intravedere nemmeno una persona rilasciare le sue impronte nella sabbia.

Mi sedetti al centro di essa portando le ginocchia al petto per poi circondarle interamente con le braccia.
Socchiusi gli occhi, lasciandomi cullare dai rumori circostanti, quando li aprii il sole era ormai impercettibile, ma riuscii a scorgere un qualcosa in mezzo alle onde, o meglio, qualcuno.

La poca luce non mi permise di mettere a fuoco la figura, quindi mi avvicinai cauta per assicurami che nessuno stesse annegando, potei accertarmi si trattasse di un ragazzo, lo capii dalla muscolatura possente e dalle spalle larghe, stava cavalcando le onde, in piena tempesta.
<<Questo è completamente pazzo>>proferii mentalmente. Sicuramente per mettere a rischio la sua vita doveva per forza conoscere il mare come il palmo dee sue mani.

<<Derek, direi che oggi può bastare, sta per arrivare una tempesta, ti conviene uscire dall'acqua se non vuoi morire>>udii una voce maschile provenire alle mie spalle, mi voltai cauta. Adocchiai un ragazzo biondo alto all'incirca un metro e ottanta, indossava una felpa e dei pantaloncini corti che si fermavano poco prima del ginocchio. Socchiuse gli occhi come per riuscire ad aguzzare la vista mentre la sua mano si stanziò sulla fronte cercando di ripararsi dal vento.

<<Ciao, cosa ci fai qui tutta sola?>>mi guardai intorno per accettarmi che stesse parlando con me, poi mi indicai con un dito.
Sì, come i bambini.

<<Si, proprio tu>>continuò senza smettere un secondo di avanzare verso di me.
<<Ero venuta qui per una passeggiata>>rivolsi lo sguardo a terra mentre con il piede cominciai a disegnare piccoli cerchi ellittici sulla sabbia.
Maledetta timidezza.

<<Credo tu abbia scelto la giornata sbagliata per venire qui, tra un po' arriverà una tempesta e se non vuoi volare via ti conviene rincasare>>il ragazzo si avvicinò rivolgendomi un sorriso rassicurante.

<<Si...stavo giusto per andar via>>un tuono rimbombò nel cielo facendomi sobbalzare, portai le mani ai lati delle braccia, il vento si fece più forte ed iniziai a tremare di freddo.
Odiavo i tuoni, mi incutevano paura e il ragazzo sembrò notarlo.

<<Tieni, ti congelerai>>si tolse la felpa rimanendo in maniche corte per poi porgermela tra le mani.

<<No tranquillo, non c'è ne bisogno, davvero>>

<<Prendila, non voglio averti sulla coscienza, me la restituirai appena puoi...>>fece una pausa, credo volesse sapere il mio nome.

<<Lydia...>>

<<Io sono Aaron, piacere>>mi porse la mano, e dopo una decina di secondi gliela strinsi in modo non del tutto deciso.

<<Come faccio a restituirtela?>>alzo il capo.

<<Sono qui ogni sabato dalle tre alle sei, proprio laggiù dove c'è il tendone>>lo indicò con la testa, era giusto poco distante da noi <<Quando riesci puoi venire, non ho fretta>>il suo sguardo si spostò oltre il mio capo.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now