DEREK

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Avevo passato tutta la mattinata ad allenarmi senza sosta e proprio quando me ne stavo per andare, in lontananza vidi la ragazzina sulla tavola da surf, l'avrei riconosciuta anche a miglia di distanza; i capelli lunghi e castani che parevano di seta, il corpo esile e proporzionato e la sua goffaggine nello stare in piedi su una tavola ferma, credetti stesse facendo una lezione con Aaron, ma pensandoci bene il suo turno sarebbe stato tra esattamente tre quarti d'ora. Mi balenò subito di chi potesse trattarsi. Trevor.
Il suo nome risuonava aspro nella mia testa. Attivava tutti i campanelli di allarme. Mi avvicinai di più.
Stavano ridendo.
Perché cazzo ridevano?

Lui teneva le mani arpionate sui suoi fianchi per aiutarla a mantenere la stabilità e lei si appoggiava di conseguenza al suo braccio, la schiena della ragazzina aderiva completamente al petto del coglione dietro di lei. Sentii un qualcosa scorrermi nelle vene.

Esattamente come ieri sera.
Un qualcosa che non ero in grado di spiegare.
Un qualcosa che faceva salire in me il desiderio di prenderlo a pugni e vedere il suo sangue scorrere ai miei piedi.
Mi avvicinai fugace, fermandomi a circa sei metri da loro.

"Lydia, vieni" tuonai deciso mantenendo lo sguardo su Trevor che prontamente si girò nella mia direzione. Le parole mi uscirono spinte da un irrefrenabile voglia di staccargli il cranio e prenderlo a martellate.

"Oh dai ci stavamo allenando, non fare il guastafeste" Trevor aprì la bocca in un sorriso. Chiusi gli occhi emanando un respiro profondo. Pensavo di essere stato chiaro quella mattina, ma a quanto pare era duro di comprendonio.

"Chiudi quella cazzo di bocca se ci tieni ai tuoi denti...Lydia muoviti" la intimai di spostarsi.
Assunse un'espressione preoccupata, si chinò a terra per liberarsi dal laccio legato intorno alla caviglia, poi si voltò verso il ragazzo alle sue spalle. Mi massaggiai nervosamente il mento mentre la mia pazienza iniziava a vacillare.

Lui le sorrise prima che lei potesse iniziare a camminare a piccoli passi verso di me, i miei occhi erano ancora bloccati sulla figura di Trevor che mi osservava con un ghigno divertito stampato sul viso. Mossi le dita per frenare l'istinto di prenderlo a cazzotti.

Appena la ragazzina mi raggiunse circondai il suo polso con la mia mano costringendola a seguirmi.
"Dove andiamo?"
Non le risposi, continuai solo a camminare a passo accelerato.

"Ah giusto, Derek non si degna mai di rispondere alla mie domande, fa solo ciò che pensa sia più giusto fare, fregandosene di quello che penso io. Cos'è? Trevor ti ha portato via la ragazza?" mi bloccai di getto senza voltarmi. Mi fermai perché lei non sapeva un cazzo di quello che successe con Trevor e non avevo la benché minima intenzione di dirglielo in quel momento.

"Cammina e chiudi quella dannata bocca" scandii ogni singola parola. Lei si zittì continuando a seguirmi. L'avevo spaventata.

Raggiunsi la piccola spiaggia delle rocce, Lydia era l'unica, oltre me, a conoscenza della sua esistenza, nessuno avrebbe potuto interromperci lì, nemmeno il più bastardo dei ragazzi che poco prima aveva le sue mani schifose sopra il suo corpo.

La feci entrare attraverso il buco e la seguii a ruota.
"Perché mi hai portata qui? Hai intenzione di comportarti come ieri sera per poi lasciarmi andare?" si mise sulle difensive allontanandosi da me.

"Perché è l'unico posto in cui nessuno può sentirci" affermai muovendo alcuni passi verso il suo corpo.
Lei arretrò maggiormente.
Aveva paura? Mi fermai sul posto. Non volevo in alcun modo che si sentisse in pericolo. Non mi sarei mai permesso di avvicinarmi a lei senza il suo consenso.

"Perché eri con quel coglione? Aaron sta bene ora" sbottai irritato. Non potevo credere che preferisse allenarsi con quello piuttosto che con il suo amico.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now