DEREK

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Lydia si era addormentata sul divano, non ebbi il coraggio di svegliarla così la lasciai lì.
Era la prima volta che la vidi ubriaca, per un po' di vino, non seppi neppure se fosse fattibile, poi non appena ricordai che era della ragazzina che stessi parlando, lì mi accorsi che tutto era possibile.

Mi coricai vicino a lei, in quello stato era meglio non lasciarla sola, nonostante nell'altra stanza ci fosse un altro ragazzo di cui mi sarei dovuto preoccupare.
Non era la prima volta che Aaron dormiva sul pavimento, quando beveva capitava spesso si addormentasse in posti insoliti della casa. Era un'abitudine.
Ripensai ad un momento prima. Quando le mie labbra erano ad una vicinanza ravvicinata a quelle di Lydia. Non so come fosse potuto succedere. Avvertivo l'esigenza di farlo. Quello che fino a pochi minuti fa stavo pensando.
Con gli occhi tracciai il confine delle sue labbra, come se potessi ritagliarle e incollarle sulle mie.
Era stato un attimo, poi mi accorsi di quanto fosse sbagliato anche solo pensarlo.
Dannatamente sbagliato.

Mi svegliai presto la mattina seguente, la luce illuminava il soggiorno causandomi un certo fastidio, stropicciai gli occhi con il dorso delle mani. Poi la vidi, la sua testa posata sul mio petto rilassato.
Le dita sottili stanziate sotto il suo viso, a mo di cornice. Le ciglia lunghe, macchiate di mascara. Le labbra rosate leggermente socchiuse e i lunghi capelli aggrovigliati tra le mie dita.
Sorrisi e non me ne accorsi.
Mi beai di ciò che avevo davanti e mi sembrò la prima volta.

Non ero arrabbiato con lei per la storia di James, forse ero stato troppo duro a dirle quelle cose, non la odiavo, fingevo fosse così. Forse per tenerla lontana da me, o forse per tenere me lontano da lei.
Ero ancora scioccato nel sapere che Lydia e James si fossero lasciati. Temevo quello che sarebbe successo una volta accaduto ciò. Temevo quello che lui avrebbe potuto fare. Fare a lei.
Eppure la ragazzina sembrò essere tranquilla nel raccontarmi la cosa, e sotto sotto mi sentii sollevato nel sapere che le cose non sfociarono in tutt'altro.

L'avevo perdonata, ma mi sarei voluto divertire un'altro po', forse perché era raro ridere quando si trattava di noi. Era raro andare d'accordo senza litigare. Era raro essere felici senza tramutare i sorrisi in lacrime disperse.
Volevo farle credere il contrario, dirle che ero ancora arrabbiato per la questione dell'incidente.
Dirle che non aveva il diritto di urlarmi in quel modo. Che quello non fece altro che appesantirmi dentro. Vedere lei, così scossa dall'accaduto.

Lydia si svegliò. Arricciò il naso prima di socchiudere leggermente gli occhi. La luce la infastidiva.
"Dove sono?" la sua voce assonata si libero nella stanza.

"Sopra di me e gradirei che ti spostassi visto che sono già in ritardo" lei si sollevò rapida guardandosi intorno come se fosse spaesata.

"Scusa" si stropicciò gli occhi e sembrò goffa nel farlo, mi alzai in piedi nell'intento di prepararmi un caffè. E una doccia per togliere il suo profumo dai miei vestiti. Dalla mia pelle. Dai miei occhi.

"Che ore sono?"
"Le nove" risposi.
"Cavolo...dov'è il bagno?"
"Infondo al corridoio a destra" feci vacillare lo sguardo sul suo fondoschiena. I glutei perfettamente fasciati da un paio di shorts neri.
Indugiai sul suo corpo fino a quando non scomparve dalla mia visuale chiudendo la porta del bagno.

Buttai fuori un respiro, poi nell'afferrare la tazza mi scottai un dito.
"Merda" lo portai alla bocca.

Non ebbi nemmeno modo di sorseggiare il mio caffè in tranquillità che un telefono prese a squillare, e potei constatare non fosse il mio. Era di Lydia, mi avvicinai per vedere di chi si trattasse e sul display lessi il nome Luke.

"E ora questo chi cazzo è" l'istinto mi consigliò di lanciare il telefono dalla finestra sperando che una macchina lo mettesse sotto. Poi mi ripresi dalla mia malsana idea. Lo rivolsi a schermo sotto dopo aver chiuso la chiamata.
"Mi dispiace, ma aspetterai"

until the last breath-fino all'ultimo respiro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora