DEREK

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Non mi capacitavo del fatto che Chloe mi avesse mentito.
Per quale motivo avrebbe dovuto farlo se erano amiche.

Mi diressi verso la pista da ballo e la trascinai fuori prendendola dal braccio.
In quel momento non mi importava nemmeno di farle male.
Avrei voluto la verità.

"Si può sapere perché diavolo mi hai detto una cazzata? Per un mese intero non ho fatto altro che starle lontano senza poterla toccare e poi vengo a sapere che era tutto una finzione?!" alzai la voce e questo la spaventò.

Si portò le braccia intorno al busto.

"Perché volevo che guardassi me nello stesso modo in cui tu guardi lei, come se fosse la cosa più bella che tu abbia mai visto in vita tua. Sono sempre stata invidiosa di lei, dal primo momento che ha messo piede in questa città, perché tutti, compresa Cheryl, si sono dimenticati di me" sbeffeggiò portandosi la mano nel punto in cui l'avevo afferrata.

Non toccavo le donne nemmeno con un dito senza il loro permesso. Mi sentivo sporco.

"Quindi non ci hai provato con me perché ti piacevo giusto? Era più una vendetta, o sbaglio!?" mi allontanai dalla sua figura in modo che si sentisse a suo agio. Ero incazzato nero, ma non sarei andato contro quelli che erano i miei ideali.

Spostò lo sguardo verso destra.

"No. Perché sapevo che mai e poi mai avresti ceduto. Per te esiste solo lei. L'unica ragazza che brami è la stessa per cui tu ora sei così arrabbiato con me. Lo sapevo dal primo istante in cui mi sono avvicinata a te" proclamò riportando i suoi occhi su di me.
Avrei solo voluto spaccare tutto.

Correre dalla ragazzina e portarla in un posto lontano, nonostante lei non mi volesse più.
Avrei voluto sussurrarle parole belle, e chiederle perdono. Baciarla fino a perdere il respiro.

"Hai rovinato tutto. Mi hai portato via l'unica cosa che mi faceva stare bene. L'unica. Spero con tutto me stesso che rimarrai sola per il resto della tua vita" le rivolsi un'occhiata di rancore e odio prima di lasciarla lì.

Trasportai con me un bagaglio di emozioni contrastanti. Mi sentivo appesantito e l'unico modo per alleggerirmi era sfogarmi attraverso il mare, colui che avrebbe portato con sé parte di ciò che provavo. Sensazioni contrastanti, tutte negative.

Avrei voluto urlare alla luna, alle stelle, dire loro quanto mi sentissi fuori luogo, quanto lei mi avesse stravolto la vita e consumato il cuore. Quanto avessi bisogna di lei.

Vi era una sola soluzione ed era chiedere aiuto, e l'unico a poterlo fare era il Dottor Shepherd.

Tre giorni dopo mi recai da lui. Avevo bisogno di porre fine alla mia sofferenza e capire cosa ci fosse in me che non andasse.
Rimasi interdetto per un attimo se entrare o tornarmene indietro.
La struttura non era cambiata dall'ultima volta che ci venni, tutto pareva uguale.
Un susseguirsi di ricordi riaffiorarono nella mia mente, e il corpo sembrò riviverli.

Forza Derek, entra.

Annullai ciò che diceva la testa e mi recai all'interno senza voltarmi indietro, fino al bancone della reception.
Lì vi era una signorina, era giovane, dimostrava pressoché una ventina di anni, alta bionda e non di bell'aspetto.

"Buongiorno, possa aiutarla in qualche modo?" la voce mi lasciò sorpreso, era una voce marcata, inusuale per una ragazza.

"Sto cercando il dottor Shepherd" comunicai prima di rivolgere il mio sguardo sul quadro appeso dietro la sua figura.
Era totalmente nero, che diavolo l'avevano messo a fare?
Corrugai la fronte.

La signorina alzò la cornetta del telefono, suppongo per vedere se il dottore fosse presente in clinica quel giorno.

"Può dirmi il suo nome?" alzò la testa nella mia direzione.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now