LYDIA

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Il sole filtrava dalle persiane colpendomi in pieno viso, la pioggia non si udiva più, solo il cinguettio degli uccelli.
Mi stropicciai svogliatamente gli occhi, feci uno sbadiglio e mi voltai verso Sharon che dormiva come una bambina, con le mani intrecciate tra loro e la testa posata sul soffice cuscino, le ciocche color rame le ricadevano sul viso e non potei fare altro che scostargliele delicatamente, il suo respiro era delicato e a tratti impercettibile.

Mi alzai dal letto cercando di non svegliarla, indossai una felpa, le scarpe e uscii dalla finestra, salii sul tetto e mi sedetti sulle tegole ancora bagnate, la casa era nel bel mezzo del verde, attorniata da alberi e fiori, in una piccola strada nella periferia di Toronto, era una casa bellissima, grande ed accogliente, fatta interamente in mattoni, ad eccezione della camera di Sharon che era in legno, un legno resistente e pregiato che profumava di buono. Ero sommersa nella tranquillità più assoluta, circondata dalla natura, dall'aria pulita e dalle persone che amavo, non avevo bisogno di nient'altro. Sentii le tegole cigolare, quando mi voltai vidi Marta, si sedette affianco a me guardandosi curiosa intorno.

<<Ogni volta che volevi stare da sola venivi qui, ti isolavi da tutti, sembra che le cose non siano cambiate ad oggi>>portò la mia chioma di capelli dietro le spalle in modo da scorgere meglio il mio viso. Era vero. E prontamente veniva lei.
<<Mi manca non poterci più salire quando sto male>>
<<A Santa Monica non hai un posto tutto tuo?>>
Mi riaffiorò in mente la spiaggia contornata da rocce, era il posto in cui andavo quando volevo scrivere e stare sola.
<<In realtà sì>>esalai.
<<Allora sono convinta che quel luogo sarà capace di darti tutto ciò che di cui hai bisogno>>mi circondò il collo con un braccio portandomi ad appoggiare la testa sulla sua spalla, mi sentivo al sicuro, come nelle braccia della mamma.
<<Vi ho cercate dappertutto, ho una fame bestiale, cuciniamo i pancakes?>>Sharon se ne stava dall'altra parte della finestra con le mani sulla pancia, muovendole in senso circolare >>Il mio pancino brontola, gru gru>>mi fece sorridere.
<<Che stupida che sei>>mi alzai in piedi scavalcando la finestra con un salto.
Per poco non mi capovolsi.
<<Andiamo a fare questi benedetti pancakes>> Marta ci seguì a ruota accennando ad una risata. Iniziammo a preparare l'impasto per i dolci, la sua ricetta era la migliore in assoluto, venivano alti e soffici, proprio come piacevano a me.

<<Mostriciattolo, che diamine ci fai qui?>>la sua voce giunse alla mie orecchie portandomi a voltarmi. Vidi Blake sulla soglia delle scale, mi pulii in fretta le mani e lo raggiunsi, mi prese in braccio girando su se stesso, la sua presa era ferrea, aveva messo su un bel pò di muscoli.
<<Da quando sei diventato così muscoloso?>>
<<Sta zitta, lo sono sempre stato>>mi appoggiò a terra scrutandomi dall'alto verso il basso.
<<Sei diventata più figa in questi mesi, Santa Monica ti ha fatto decisamente
bene>>aveva pure cambiato timbro di voce.
<<Blake!!>>lo canzonò la sorella.
<<Che c'è, ho solo detto la verità" prese a scompigliarmi i capelli. "Allora, hai conosciuto qualcuno?>>alzò le sopracciglia incalzando uno sguardo alludente.
<<A dire il vero sì>>
<<Cosa? E non mi hai detto nulla?>>Sharon si diresse a passo spedito verso la mia figura.
<<Lydia Clarence...>>
<<Non abbiamo avuto il tempo di parlarne, l'avrei fatto oggi se Blake non avesse tirato fuori il discorso>>gli rivolsi un'occhiataccia.
<<Devi raccontarmi ogni singola cosa, non tralasciare nulla>>sapevo che prima o poi l'avrei dovuto fare.
<<Te l'ho racconterò con calma a colazione>>risposi portando le braccia ai lati delle sue spalle.
<<Anche io vorrei essere informato, sai, nel caso dovessi spaccargli la testa>>intervenne Blake scrocchiandosi le dita delle mani per poi passare al collo.
<<È un bravo ragazzo, non ce ne sarà  bisogno, ora se non vi dispiace vado a guarnire i miei pancakes, ho una certa fame>>

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now